Skip to main content

Salvini, Grillo e l’arte dell’insulto

Salvini a Pontida attacca il Papa” titola oggi in prima pagina la Repubblica. È proprio vero: ormai nel dibattito politico italiano non c’è più religione, come già si lamentava mia nonna.

++++

Come ha scritto Antonello Capurso in un pamphlet insieme serio e divertente (“Storia dell’insolenza”, Il Settimo Libro, 2014), le risse a cui assistiamo ogni giorno colpiscono la vita civile e democratica, ma non solo: affondano i loro artigli anche sulla crescita economica. È infatti inevitabile che il Belpaese appaia, anche per la natura selvaggia della discussione pubblica, un luogo in cui è avventuroso impegnare risorse e in cui è quasi impossibile progettare. In un clima avvelenato diventa infatti difficile prendere decisioni, soprattutto in campi che non tollerano conflittualità laceranti: si pensi alle questioni dell’immigrazione e delle riforme costituzionali. Matteo Renzi, a questo punto, dovrebbe averlo capito.

++++

Storicamente, il progenitore della cultura dell’insulto che caratterizza la competizione politica nel nostro Paese può essere considerato il celeberrimo motto “Piove, governo ladro!”. La sua origine viene raccontata da Capurso nel volume citato. Essa risale a una vignetta umoristica apparsa nel 1861(ed è quindi coeva al neonato Stato unitario).

Minoritarie e incapaci di far sentire in modo incisivo la propria voce in Parlamento, le opposizioni radicali organizzano una manifestazione antigovernativa. Ma nel giorno prestabilito piove, e la protesta salta. La rivista satirica Il Pasquino pubblica allora un disegno, firmato dal principe dei caricaturisti piemontesi Casimiro Teja, con tre mazziniani al riparo dalla pioggia battente e, sotto, la didascalia: “Governo ladro, piove!”.

Il successo della vignetta è tale che ben presto l’esclamazione viene usata per accusare di ladrocinio qualunque governo in carica. Il “Vaffa!” Di Beppe Grillo ne è, in qualche misura, la versione moderna. “Ladri” sono adesso tutti gli appartenenti alla “casta”. Qualunque dato negativo su Pil e occupazione, qualunque scandalo, qualunque cambiamento appena annunciato scatenano il peggio di cui siamo capaci (leader e semplici cittadini): offesa e ingiuria, turpiloquio e oltraggio, insulto e contumelia, villania e diffamazione, insolenza e vituperio.

“Quando linguaggio e comportamenti sono senza freni e senza responsabilità, una società rischia il quotidiano disfacimento. Stiamo tutti bene in guardia da simili rischi” (Giorgio Napolitano, 18 luglio 2013). Purtroppo, gli ammonimenti dell’ex Presidente della Repubblica hanno ricevuto quella cortese attenzione che di solito si riserva  alle “prediche inutili”, per riprendere il titolo di un’opera di un suo illustre predecessore, Luigi Einaudi. Nel frattempo, marinai e timonieri della politica domestica continuano a litigare furiosamente, sulla rotta da seguire e sul porto a cui approdare. Il risultato è che continuano a navigare a vista e in mare aperto.


CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter