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Ttip, le 3 questioni aperte. L’opinione di Mucchetti

Il rispetto delle procedure democratiche nel negoziato per il Ttip fa perno sul ruolo dei parlamenti, ed è funzionale all’equilibrio di un accordo commerciale che ha l’ambizione di costruire un Mercato Unico transatlantico. L’accordo va perseguito con tutte le nostre forze, ma non a qualsiasi costo. A questo proposito segnalerò tre questioni aperte che vanno risolte.

La prima è l’armonizzazione delle politiche della concorrenza. Unione europea e Usa hanno seguito impostazioni diverse. È storia. Ma come costruire il futuro? Tra i tanti esempi, cito quello delle telecomunicazioni e del rapporto tra queste e gli Over The Top. Un rapporto cruciale per l’intera economia. Vi è su questo fronte un evidente squilibrio nelle prescrizioni a tutela della privacy e della proprietà intellettuale, nei controlli antitrust e nel rispetto degli obblighi fiscali sulle due rive dell’Atlantico. Ma nessuna armonizzazione delle politiche della concorrenza sarà solida se la libera circolazione dei capitali, altro capitolo del Ttip, non poggerà sulla piena accountability del sistema finanziario. In particolare, vanno approfonditi gli accordi di Basilea per avere comuni criteri di valutazione degli attivi bancari, in particolare dei crediti commerciali e dei titoli finanziari, specialmente dei titoli level 3, che furono all’origine della crisi finanziaria globale di questi anni.

La seconda questione aperta è l’energia il negoziato può progredire su questo fronte. La disponibilità ampia di energia a buon mercato ed eco compatibile contribuisce non solo alla sicurezza, alla tutela dell’ambiente e alla competitività dell’Unione europea come degli Stati uniti in generale, ma anche a quella delle singole imprese e dei singoli Paesi. Non ha senso in una logica transatlantica imporre autorizzazioni statali al libero commercio delle risorse energetiche e, parlando di noi, dell’Europa, rallentare la costruzione di una rete unica dell’energia elettrica e del gas. Sono fragili gli accordi commerciali su beni e servizi che lasciano in piedi regole nazionali che determinano forme di dumping energetico e non si basano su una reale convergenza nelle politiche ambientali che avrà nella Conferenza di Parigi il prossimo banco di prova.

Terza questione, la già più volte citata Isds. Capisco e apprezzo la proposta di mediazione della commissaria Cecilia Malmström, capisco meno, se posso dirlo con rispetto, le posizioni degli amici estoni e lettoni: forse non leggiamo le carte allo stesso modo. Capita. Credo comunque che si debba evitare la doppia giurisdizione, pubblica per i tanti, privata per gli happy few. Ne deriverebbero non solo privilegi inaccettabili sul fronte del diritto, e questo può essere un timore dettato figlio di una prudenza che origina dal diritto romano, ma ne deriverebbero anche distorsioni gravi sul fronte della concorrenza a favore delle multinazionali quando queste giocano in trasferta, e questo, credetemi, è molto moderno.

Per quanto ampio, il Ttip non comprende ogni cosa. Sarebbe augurabile che venga allargato in modo da livellare il terreno di gioco anche laddove, come nell’energia e nelle telecomunicazioni, abbiamo lasciato com’erano monti e dirupi, ma se non si raggiungono soluzioni adeguate, meglio accantonare i capitoli troppo controversi, come rischia di essere l’Isds. Meglio meno ma meglio.

Massimo Mucchetti
Senatore Pd, Presidente della Commissione Industria del Senato



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