Articolo estratto dalla Geopolitical weekly del Centro Studi Internazionali
Nella notte tra il 3 e il 4 giugno, i ribelli filorussi dell’autoproclamata Repubblica Popolare del Donbass (RPD) hanno lanciato una massiccia offensiva verso la cittadina di Marinka, 23 chilometri a sud ovest di Donetsk, in prossimità della linea di demarcazione del fronte stabilita dagli Accordi di Minsk II dello scorso febbraio. Nel corso delle operazioni militari, hanno perso la vita due cittadini ucraini ed altri 25 sono rimasti feriti.
Nonostante la tregua tra governo ed insorti non sia stata mai realmente rispettata da entrambi gli schieramenti, con incidenti e scontri a fuoco quasi quotidiani, l’attacco di Marinka rappresenta una significativa escalation della violenza che mette potenzialmente a rischio la tenuta degli accordi. Infatti, l’offensiva delle milizie della RPD è stata condotta con un significativo impiego di uomini (circa 1.000) e mezzi (diverse batterie di lanciarazzi multipli, alcuni obici ed almeno 20 carri armati).
I ribelli hanno motivato l’offensiva affermando che si è trattato di una risposta ad un bombardamento dell’artiglieria governativa contro alcuni sobborghi di Donetsk. Tale accusa è stata categoricamente smentita da Kiev che, di rimando, ha messo in guardia la Comunità Internazionale sulla possibilità di una invasione russa su larga scala. Infatti, l’attacco di Marinka ha dimostrato, ancora una volta, per sofisticazione e conduzione delle operazioni, la significativa crescita capacitiva delle milizie ribelli, attribuibile alla crescita del numero di militari russi all’interno dei propri ranghi, secondo il Cremlino in qualità di semplici volontari.
L’attacco di Marinka, al momento contesa tra i due schieramenti, potrebbe sia rappresentare un episodio isolato sia, al contrario, costituire il primo atto di una nuova ripresa degli scontri su larga scala e con intensità crescente tra le milizie filorusse e le Forze Armate Ucraine. Qualora si realizzasse la seconda eventualità, la precaria tenuta degli Accordi di Minsk II potrebbe essere seriamente compromessa ed accrescere ulteriormente il clima di tensione tra Kiev ed i suoi sostenitori euro-atlantici e Mosca, la cui strategia dura nei confronti della crisi ucraina non è stata sinora scalfita dalle sanzioni imposte da Washington e Bruxelles.
Anzi, una nuova escalation del conflitto potrebbe compromettere definitivamente la già timida possibilità di affievolimento delle sanzioni paventata da alcuni Paesi Europei (Grecia e Ungheria su tutti) negli ultimi mesi.