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Cara Merkel, ecco perché dico no a un’Europa a due velocità. Firmato: Tsipras

Questo intervento è stato pubblicato su Le Monde e sul sito ufficiale del primo ministro greco il 31 maggio 2015

Il 25 gennaio scorso, il popolo greco ha preso una decisione coraggiosa. Ha avuto il coraggio di sfidare la strada a senso unico di dura austerità del Memorandum (il Programma della Troika, NdT), e di cercare un nuovo accordo. Un nuovo accordo per mantenere il Paese nell’euro, con un programma economico fattibile, privo degli errori del passato.
Il popolo greco ha pagato un prezzo alto per questi errori; negli ultimi cinque anni il tasso di disoccupazione è salito al 28% (60% per i giovani), il reddito medio è diminuito del 40%, mentre secondo i dati di Eurostat, la Grecia è diventata il Paese europeo con il più alto indice di disuguaglianza sociale.

E il risultato peggiore: nonostante abbia gravemente danneggiato il tessuto sociale, questo Programma non è riuscito a rinvigorire la competitività dell’economia greca. Il debito pubblico è salito dal 124% al 180% del PIL e, nonostante i pesanti sacrifici del popolo, l’economia greca rimane intrappolata in una continua incertezza causata dagli irraggiungibili obiettivi di saldi di bilancio pubblico che rafforzano il circolo vizioso di austerità e recessione.

Obiettivo principale del nuovo governo greco nel corso di questi ultimi quattro mesi è stato quello di porre fine a questo circolo vizioso, fine a questa incertezza.
Fare ciò richiede un accordo reciprocamente vantaggioso che fisserà obiettivi realistici in materia di surplus, e al contempo ripristinerà un’agenda di crescita e gli investimenti. Una soluzione definitiva al problema greco è ora più matura e più che mai necessaria.

Tale accordo significherà anche la fine della crisi economica europea iniziata 7 anni fa, ponendo fine al ciclo di incertezza nella zona euro.
Oggi l’Europa ha l’opportunità di prendere decisioni che attiveranno una rapida ripresa dell’economia greca ed europea ponendo fine a scenari di Grexit, scenari che impediscono la stabilizzazione a lungo termine dell’economia europea e possono, in qualsiasi momento, indebolire la fiducia sia dei cittadini che degli investitori nella nostra moneta comune.
Molti, tuttavia, sostengono che la parte greca non sta cooperando per raggiungere un accordo, perché si presenta ai negoziati in maniera intransigente e senza proposte. E’ veramente questo il caso?
Poiché questi tempi sono critici, forse decisivi, non solo per il futuro della Grecia, ma anche per il futuro dell’Europa, vorrei cogliere l’occasione per presentare la verità, e per informare responsabilmente l’opinione pubblica mondiale circa le vere intenzioni e posizioni della Grecia.

Il governo greco, sulla base della decisione dell’Eurogruppo del 20 febbraio, ha presentato un ampio pacchetto di proposte di riforma, con l’intento di raggiungere un accordo che coniugasse il rispetto per il mandato del popolo greco con il rispetto delle regole e delle decisioni che governano la zona euro.
Uno degli aspetti chiave delle nostre proposte è l’impegno a ridurre – e quindi rendere fattibili – gli avanzi primari per il 2015 e il 2016, e per consentire avanzi primari elevati per gli anni successivi, dato che ci aspettiamo un aumento proporzionale dei tassi di crescita dell’economia greca.
Un altro aspetto altrettanto fondamentale delle nostre proposte è l’impegno ad aumentare le entrate pubbliche attraverso una ridistribuzione dell’onere fiscale dalle classi di reddito medio-basse a quelle più alte che hanno effettivamente evitato di fare la loro parte per contribuire a far fronte alla crisi, dal momento che erano a tutti gli effetti protetti sia dall’élite politica che dalla Troika che ha distolto il suo sguardo da essi.

Fin dall’inizio, il nostro governo ha chiaramente dimostrato la propria intenzione e la determinazione ad affrontare questi problemi legiferando una legge specifica per affrontare le frodi causate da operazioni triangolari, e intensificando controlli doganali e fiscali per ridurre il contrabbando e l’evasione fiscale. Mentre, per la prima volta da anni, abbiamo fatto pagare i proprietari dei media per i loro debiti dovuti al settore pubblico greco.
Queste azioni stanno cambiando le cose in Grecia, come dimostra l’accelerazione dei lavori nei tribunali per amministrare la giustizia nei casi di sostanziale evasione fiscale. In altre parole, gli oligarchi che erano abituati ad essere protetti dal sistema politico hanno ora molti motivi per perdere il sonno.
Oltre a questi obiettivi generali che definiscono le nostre proposte abbiamo anche offerto, nel corso delle nostre discussioni con le istituzioni europee, piani altamente dettagliati e specifici che hanno colmato le distanze, che ci separavano alcuni mesi fa, tra le nostre rispettive posizioni.

In particolare, la parte greca ha accettato di attuare una serie di riforme istituzionali, quali il rafforzamento dell’indipendenza del Segretariato Generale per Entrate Pubbliche e dell’Autorità Statistica Greca (ELSTAT), interventi per accelerare l’amministrazione della giustizia, così come interventi nei mercati dei beni e servizi per eliminare distorsioni e privilegi.
Inoltre, nonostante la nostra netta opposizione al modello di privatizzazioni promosso dalle istituzioni europee, che non creano né prospettive di crescita, né trasferiscono fondi all’economia reale e al debito insostenibile, abbiamo accettato di andare avanti, con qualche piccola modifica, sulle privatizzazioni per dimostrare la nostra intenzione di muoverci verso le controparti nei negoziati.

Abbiamo inoltre deciso di attuare una grande riforma dell’IVA semplificando il sistema e rafforzando la dimensione redistributiva dell’imposta al fine di ottenere un aumento sia nella raccolta che nelle entrate.
Abbiamo presentato proposte concrete concernenti misure che si tradurranno in un ulteriore incremento delle entrate. Queste includono una tassa speciale sui profitti molto alti, una tassa sulle scommesse on-line, l’intensificazione dei controlli su titolari di conti bancari con ingenti somme e sugli evasori fiscali, misure per la raccolta degli arretrati al settore pubblico, una speciale tassa sui beni di lusso e un’asta sulle licenze televisive, che la Troika, che coincidenza, ha dimenticato di fare negli ultimi cinque anni.
Queste misure aumenteranno le entrate, e lo faranno senza avere effetti recessivi in ​​quanto non ridurranno ulteriormente la domanda o porranno più oneri per gli strati sociali medio-bassi.

Inoltre, abbiamo concordato di attuare una riforma del sistema di previdenza sociale che comporta l’integrazione di fondi pensione e che abroga le disposizioni che consentono a torto il pensionamento anticipato, cosa che aumenta l’età effettiva di pensionamento.
Queste riforme saranno messe in atto nonostante il fatto che le perdite subite dai fondi pensione, che hanno creato il problema a medio termine della loro sostenibilità, sono dovute principalmente a scelte politiche di entrambi i precedenti governi greci e soprattutto della Troika, che condividono la responsabilità di tali perdite: le riserve dei fondi pensione sono stati ridotte di 25 miliardi di dollari attraverso il PSI e un altissimo tasso di disoccupazione, che è quasi esclusivamente dovuto al programma di austerità estrema attuato in Grecia dal 2010.

Infine, e nonostante il nostro impegno verso la forza lavoro greca per ripristinare immediatamente una legittimità europea al nostro mercato del lavoro – completamente smantellato nel corso degli ultimi cinque anni con il pretesto di generare la sua competitività – abbiamo accettato di attuare riforme dopo avere consultato l’ILO (International Labor Office, NdT), che ha già espresso un parere positivo sulle proposte del governo greco.
Ciò premesso, è logico chiedersi perché vi sia tanta insistenza da parte di funzionari istituzionali europei che la Grecia non sta presentando proposte.
A cosa è servita questa moratoria di liquidità prolungata verso l’economia greca? Soprattutto alla luce del fatto che la Grecia ha dimostrato di voler rispettare gli obblighi esterni, dopo aver pagato più di 17 miliardi di interessi e ammortamenti (circa il 10% del suo PIL) da agosto 2014, senza alcun finanziamento esterno.

E, infine, qual è lo scopo delle fughe di notizie coordinate che sostengono che non siamo vicini a un accordo che porrà fine all’incertezza economica e politica europea e globale alimentata dalla questione greca?
La risposta informale che alcuni stanno dando è che non siamo vicini a un accordo perché la parte greca insiste sulle sue posizioni per ripristinare la contrattazione collettiva (nel mercato del lavoro) e si rifiuta di attuare un’ulteriore riduzione delle pensioni.
Anche qui devo fare alcune precisazioni. Per quanto riguarda la questione della contrattazione collettiva, la posizione della parte greca è che sia impossibile per la legislazione che tutela i dipendenti in Grecia di non soddisfare gli standard europei o, peggio ancora, di violare in modo flagrante la legislazione europea del lavoro. Quello che chiediamo non è altro che quello che è prassi comune in tutti i Paesi della zona euro. Questo è il motivo per cui ho recentemente fatto una dichiarazione congiunta sulla questione con il presidente Juncker.

Riguardo alla questione sulle pensioni, la posizione del governo greco è completamente fondata e ragionevole. In Grecia, le pensioni sono diminuite cumulativamente dal 20% al 48% negli anni del Memorandum. Attualmente il 44,5% dei pensionati riceve una pensione al di sotto della soglia fissa di povertà relativa, mentre circa il 23,1% dei pensionati, secondo i dati di Eurostat, vive a rischio di povertà e di esclusione sociale.
E’ quindi evidente che questi numeri, che sono il risultato della politica dei Memorandum della Troika, non possono essere tollerati, non solo in Grecia, ma in nessun Paese civilizzato.
Quindi cerchiamo di essere chiari. La mancanza di un accordo finora non è dovuta alla presunta intransigenza, al rifiuto di compromessi e all’incomprensibile posizione greca. E’ dovuto all’insistenza di alcuni attori istituzionali di sottoporre delle proposte assurde e alla totale indifferenza per la scelta democratica del popolo greco, nonostante l’ammissione pubblica delle tre istituzioni della Troika che la flessibilità necessaria sarà permessa al fine di rispettare il verdetto popolare.

Cosa determina questa insistenza? Un pensiero iniziale sarebbe che questa insistenza sia dovuta al desiderio di alcuni di non ammettere i propri errori e, invece, di ribadire le loro scelte ignorando i loro fallimenti. Non dobbiamo dimenticare l’ammissione pubblica fatta alcuni anni fa dal Fondo monetario internazionale che esso commise un errore nel calcolare la profondità della recessione che sarebbe stata causata dal Memorandum della Troika.
Considero questo, però, un approccio superficiale. Semplicemente non posso credere che il futuro dell’Europa dipenda dalla testardaggine o dall’insistenza di alcuni individui.
La mia conclusione, quindi, è che la questione della Grecia non riguarda solo la Grecia; piuttosto, è il vero e proprio epicentro tra due strategie diametralmente opposte riguardanti il ​​futuro dell’unificazione europea.
La prima strategia si propone di approfondire l’unificazione europea in un contesto di uguaglianza e di solidarietà tra i suoi popoli e i suoi cittadini.

I sostenitori di questa strategia partono dall’assunzione che non si può pretendere che il nuovo governo greco segua il corso del precedente che, non dobbiamo dimenticare, fallì miseramente. Questa assunzione è il punto da cui partire perché, in caso contrario, le elezioni politiche dovrebbero essere abolite in quei Paesi che sono sottoposti ad un Programma della Troika. Vale a dire, dovremmo accettare che le istituzioni della Troika nominino i ministri e i primi ministri, e che i cittadini debbano essere privati ​​del diritto di voto fino al completamento del Programma.
In altre parole, questo comporterebbe l’abolizione totale della democrazia in Europa, la fine di ogni parvenza di democrazia, l’inizio della disintegrazione e di una divisione inaccettabile dell’Europa Unita. Ciò significherebbe l’inizio della creazione di una mostruosità tecnocratica che porterà ad un’Europa del tutto estranea ai suoi principi fondanti.

La seconda strategia si propone proprio questo: la spaccatura e la divisione della zona euro, e quindi della UE. Il primo passo per la realizzazione di ciò è quello di creare una zona euro a due velocità, dove il “nocciolo duro” fisserà regole severe in materia di austerità e di adattamento e nominerà un “super” ministro delle Finanze dell’eurozona con un potere illimitato e con la possibilità di rifiutare anche bilanci degli Stati sovrani che non sono allineati con dottrine di estremo neoliberismo.
Per quei Paesi che rifiutano di piegarsi alla nuova autorità, la soluzione sarà semplice: punizione dura, austerità obbligatoria. E ancora peggio, più restrizioni ai movimenti di capitali, sanzioni disciplinari, multe e persino una moneta parallela. A giudicare dalle attuali circostanze, sembra che questo nuovo potere europeo sia in costruzione, con la Grecia che ne è la prima vittima. Per alcuni, ciò rappresenta un’occasione d’oro: fare della Grecia un caso esemplare, un monito per altri Paesi che dovessero pensare di non seguire questa nuova linea di disciplina.

Ciò che non viene preso in considerazione è l’elevata quantità di rischio e gli enormi pericoli insiti in questa seconda strategia. Questa strategia non solo rischia l’inizio della fine per il progetto europeo di unificazione, spostando la zona euro da un’unione monetaria a una zona di tassi di cambio, ma innesca altresì incertezza economica e politica, che rischia di trasformare completamente gli equilibri economici e politici in tutto l’Occidente.
L’Europa, dunque, è a un bivio. A seguito delle importanti concessioni fatte dal governo greco, la decisione non è ora nelle mani delle istituzioni della Troika che, in ogni caso – con l’eccezione della Commissione europea – non sono elette e non sono responsabili di fronte al popolo, ma piuttosto nelle mani dei leader europei.

Quale strategia prevarrà? Quella che chiede un’Europa della solidarietà, dell’uguaglianza e della democrazia, o quella che richiede rottura e divisione?
Se alcuni, tuttavia, pensano o desiderano credere che tale decisione riguardi solo la Grecia, stanno commettendo un grave errore. Gli suggerisco di rileggere il capolavoro di Hemingway, “Per chi suona la campana”.

(Traduzione a cura di Gustavo Piga, professore ordinario di Economia politica presso l’Università degli studi di Roma Tor Vergata).

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