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Video-politica, malattia senile della democrazia italiana (e non solo)

Non potevo non farlo. E invito a farlo. Mi sono andato a rileggere un aureo volumetto di Giovanni Sartori, “Homo videns” (Laterza, 1999). Una boccata di ossigeno nell’aria sempre più mefitica che si respira nei talk show del piccolo schermo.

L’andazzo dei giornali è simile: è di scimmiottare e rincorrere la televisione, gonfiando e urlando gli eventi (ad esempio Mafia capitale, la vicenda squallida di una squallida combriccola di mariuoli). Anche per questo, mi sia consentito il riferimento personale, considero un privilegio collaborare con testate come Formiche.net e il Foglio.

Il più autorevole dei politologi italiani aveva previsto (quando Berlusconi stava già spadroneggiando sui mass media) che la video-politica sarebbe diventata la più importante autorità cognitiva dei grandi pubblici, e che avrebbe sempre più attribuito un peso inedito – e devastante – alle “false testimonianze”. Così è avvenuto.

Con la televisione le autorità cognitive sono ormai divi del cinema, belle donne, cantanti, calciatori, e via di questo passo. Quando scendono i campo i “competenti” o gli “esperti” (politici, imprenditori, sindacalisti, economisti, etc.), o sono culturalmente scadenti o sanno solo insultarsi reciprocamente (con rare eccezioni).

Infatti la televisione privilegia l’emotivizzazione della politica, e cioè – come sottolinea Sartori-  una “politica ricondotta e ridotta a grappoli di emozioni”. Lo fa raccontando a valanga storie lacrimose. Oppure decapitando o marginalizzando deliberatamente le “teste pensanti”, le “talking heads” che ragionano e discutono problemi in modo serio e documentato.

Ciò che conta è infiammare i nostri sentimenti, eccitare i nostri sensi. La politica riscaldata dal video, insomma, solleva e attizza problemi senza fornire nessunissima idea di come risolverli. E quindi li aggrava. Se pensiamo alla questione oggi all’ordine del giorno, quella dei migranti (numeri dati a vanvera, analisi da bar sport, zero proposte concrete), credo che questa affermazione sia difficilmente contestabile.

Il nostro tempo, come osservava Sartori, è ricchissimo di fattucchieri e ciarlatani. L’Illuminismo era riuscito a screditarli. Adesso sono risorti e trionfano. Anche nella vita politica del Belpaese. Trionfano anche perché ormai tutto è neo, trans, post.

Se “non vai oltre”, non esisti. A rischio di non esistere, io scelgo di resistere.


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