Nelle ultime settimane gli indici azionari di Shangai e Shenzhen hanno subito perdite fortissime: a fine giugno le quotazioni sono scese rispettivamente del 30% e 40% dal punto di massimo del 12 giugno, dopo che la politica monetaria espansiva e la liberalizzazione finanziaria avevano permesso a questi stessi mercati di guadagnare il 150% e il 190% da metà 2014.
Le particolari caratteristiche delle azioni cosiddette di tipo A, quotate nelle borse della Cina continentale, e la tipologia di investitori spiegherebbero gran parte delle recenti fasi di volatilità. Le azioni di tipo A sono titoli di aziende cinesi disponibili agli investitori locali (privati e istituzionali) e agli operatori esteri che sono riusciti a ottenere dal governo di Pechino lo status di investitori qualificati. Gli investitori retail, prevalentemente domestici, detengono circa l’80-90% dei volumi di negoziazione delle azioni di tipo A e questa composizione fa sì che il loro andamento risenta maggiormente di scelte dettate da una maggiore o minore propensione al rischio del momento.
Da novembre 2014, l’avvio del programma Shanghai-Hong Kong Stock Connect[2] – volto a stabilire un accesso reciproco tra la borsa della Cina continentale e quella di Hong Kong – insieme ai numerosi interventi di politica monetaria espansiva e alla possibilità di investire a leva hanno accelerato il ritmo di crescita di queste azioni, portandole su valori molto elevati. Negli ultimi mesi la correlazione tra l’andamento azionario e l’economia reale è stata molto contenuta così che le quotazioni sono cresciute nonostante l’economia cinese abbia ridotto il ritmo di crescita al 7% per cento sia nel primo sia nel secondo trimestre 2015, su base annuale, dopo il 7.3% di fine 2014 (Fig. 1).
Fig. 1: Mercato azionario cinese (indice di prezzo) e crescita del Pil (var. % trimestrale), Cina
fonte: Thomson Reuters, elaborazioni Prometeia; dati al 20/7/1
La differenza di prezzo per le azioni delle società cinesi quotate su entrambi i mercati (ossia le azioni A quotate nelle borse della Cina continentale e le azioni H quotate a Hong Kong), noto come “A-H premium”, evidenzia come le azioni A abbiano raggiunto probabilmente valori eccessivi (Fig. 2). La recente fase di caduta sembrerebbe da collegare a limiti più stringenti per l’attività di investimento a leva e al gran numero di società che hanno richiesto la quotazione in borsa. L’ondata di cali ha fatto sì che, dopo la sospensione di un gran numero di azioni A e in virtù della connessione tra i mercati, le perdite si trasferissero anche sulle quotazioni di Hong Kong, che tuttavia sono diminuite meno che nelle altre borse ( -8% dal 12 giugno).
Fig. 2: Prezzi relativi tra le azioni di tipo A e H per le società dell’indice Hang Seng (indice di prezzo)
fonte: Thomson Reuters, elaborazioni Prometeia; dati al 20/7/2015
Una serie di misure sono state subito adottate per cercare di arginare la fase di calo e i prezzi azionari negli ultimi giorni hanno recuperato parte delle perdite: la Banca centrale cinese ha ulteriormente tagliato il tasso di politica monetaria di 25 punti base, portandolo al 4.85%, e ridotto il coefficiente di riserva obbligatoria delle banche. Sono state accettate le richieste volontarie di sospensione dei progetti di quotazione in borsa da parte di alcune società e sono state interrotte tutte le IPO delle azioni A. Inoltre è stato costituito da parte di 21 broker principali del Paese un fondo da 120 miliardi di yuan per stabilizzare il mercato, che si è impegnato a non vendere azioni fino a quando l’indice di Shanghai sarà inferiore a quota 4500 punti. Sono stati, poi, avviati accordi e impegni da parte sia di organismi governativi che di fondi di investimento a sostegno del mercato, tra cui quello di continuare ad acquistare azioni blue chip ed ETF.
Il governo cinese sta cercando da un lato di contenere la fase speculativa sui mercati azionari con una serie di riforme che diano più credibilità ai mercati azionari domestici e accolgano nuovi capitali esteri e dall’altro di attivare misure che siano di stimolo all’economia e al credito. Alla luce di questa recente fase di correzione gli impatti sulla stabilità finanziaria e sull’economia reale del Paese dovrebbero essere molto contenuti, ma è probabile che un rafforzamento della regolamentazione finanziaria e della vigilanza di mercato sia necessario anche in vista della revisione del paniere di valute previsto dai Diritti Speciali di Prelievo (Special Drawing Right, SDR) che potrebbe portare all’inclusione del Renminbi.
Nonostante questa fase di calo le variazioni nelle quotazioni restano comunque positive da inizio anno (30% in media per i due indici) e rispetto a un anno fa (90%). Inoltre, gli indicatori di price/earnings continuano a evidenziare che le azioni di Hong Kong, a differenza di quelle A, sono ancora inferiori del 5% ai livelli di lungo periodo. L’indicatore, dunque, continua a segnalare un mercato azionario H più appetibile. A ciò si aggiungono i primi segnali di stabilizzazione dell’attività economica dopo il rallentamento intervenuto negli scorsi trimestri, interpretati come i primi effetti dell’allentamento delle politiche economiche, anche se il quadro prospettico rimane incerto soprattutto per il commercio estero, come emerge dalla continua flessione delle importazioni e delle esportazioni