Articolo estratto dalla Geopolitical weekly del Centro Studi Internazionali
Tra il 5 e l’8 luglio le città di Gherdaia, Guerrara e Berianne, tutte a tre a circa 600 km di Algeri, sono state teatro di violentissimi scontri tra la comunità araba e quella berbera mozabita (originaria della regione di M’baz) che hanno causato la morte di 35 persone.
Per ristabilire l’ordine, il governo ha dovuto inviare oltre 4.000 tra militari e poliziotti nonché nominare una commissione d’inchiesta responsabile sia per le indagini che per la mediazione tra i rappresentanti delle due comunità. Da ormai diversi mesi la città di Ghardaia e la regione circostante sono scosse dal confronto tra i due diversi gruppi etnici.
Infatti, i mozabiti accusano gli arabi di controllare in maniera personalistica ed esclusiva le istituzioni politiche e sociali locali, concedendo i servizi assistenzialistici (case popolari, sussidi) e i permessi lavorativi (concessioni per la vendita al dettaglio nei mercati cittadini) soltanto a membri delle proprie famiglie. Queste tensioni sono rese ancora più gravi dalla precaria situazione economica della città e della regione, caratterizzata da altissimi tassi di disoccupazione.
La situazione di Ghardaia e del suo circondario rischia di peggiorare nei mesi futuri. Infatti, il crollo del prezzo del petrolio ha costretto il governo algerino a diminuire l’entità dei fondi di assistenza sociale per le aree a maggiore volatilità sociale.
Di conseguenza, qualora la situazione economica di Gherdaia dovesse precipitare, esiste la possibilità dell’esplosione di una nuova e violenta ondata di proteste popolari, il cui esito e la cui eco potrebbero ripercuotersi sulla stabilità dell’intero Paese.