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A che punto è il muro di Orban in Ungheria

ungheria, Orban

Se in Italia – nei quartieri di Roma come in Veneto – sono i cittadini a fare “muro” contro l’arrivo degli immigrati, in Ungheria il muro per bloccare il flusso incontrollato lo costruisce letteralmente il governo prendendosi i complimenti del leader della Lega Matteo Salvini che su Facebook ha commentato: «Questi sì che hanno le idee chiare».

Le idee chiare in questo caso le ha l’esecutivo di Viktor Orban, premier magiaro e leader del partito nazionalista Fidesz (membro del Ppe), che dopo aver approvato in Parlamento una modifica alla quota di accoglienza per i profughi ha deciso di seguire l’esempio di Spagna, Turchia e Messico. Orban ha motivato così le ragioni: «Difendendo l’Ungheria dagli immigrati clandestini, difendiamo anche l’Unione europea». Al lavoro per la costruzione del muro non solo l’esercito, circa 900 unità, ma anche i detenuti impegnati nell’edificazione dei 175 chilometri della rete che dovrà bloccare il flusso proveniente dalla Serbia. I primi metri sono stati costruiti nella città di Morahalom, nei pressi della città serba di Subotica. La necessità di questa misura annunciata da mesi e così impegnativa, secondo il governo, deriva dalla moltiplicazione del flusso di immigrati cresciuto, secondo le stime, di quaranta volte proprio a causa del “cambio di rotta” che si sta registrando dal Mediterraneo verso le regioni balcaniche.

Le prese di posizione sul “muro di Orban” non si sono fatte attendere. A partire dall’Onu che ha ricordato la possibilità di accoglienza per chi scappa dalla guerra nonché la nuova normativa che permette alle autorità di cancellare le richieste d’asilo se i richiedenti lasceranno la loro residenza designata in Ungheria per più di 48 ore senza autorizzazione. Dal punto di vista politico, da Bruxelles, è stato il presidente dell’europarlamento Martin Schulz, d’accordo con il premier serbo Aleksandar Vucic (che non vede di buon occhio l’opera perché considera la Serbia «paese di solo transito»), ad attaccare spiegando che «la costruzione di muri in Europa non è una soluzione, e l’Europarlamento non approva la decisione dell’Ungheria. L’Europa ha bisogno di una soluzione efficiente basata sulla solidarietà».

A Schulz ha replicato il ministro degli Interni ungherese Sandor Pinter ribadendo che «il governo di Budapest ha deciso la costruzione del muro tenendo conto delle pratiche europee in merito». Meno diplomatica la risposta del vicepresidente della commissione Esteri dell’Assemblea nazionale ungherese Marton Gyongyosi che in un’intervista all’agenzia internazionale Sputnik dà la colpa alle politiche dell’Unione europea: «Ė buona ad inviare direttive inutili di carattere liberale e buonista nei confronti degli immigrati, ma non ha proposto alcun tipo di assistenza all’Italia, di fronte alla enorme afflusso di immigrati provenienti dal Mediterraneo, e all’Ungheria, di fronte al flusso migratorio dei Balcani».

Sarebbe la sola l’Ungheria a dotarsi di una misura del genere? No. Sistemi del genere esistono da tempo in Spagna, al confine tra Stati Uniti e Messico, tra Turchia e Cipro. E la stessa richiesta del muro in Ungheria è arrivata non dal vertice ma dal territorio stesso, come misura invocata dai sindaci “di frontiera” che chiedono addirittura che venga innalzato di qualche metro in più rispetto ai quattro metri del progetto.  L’opposizione di sinistra interna – in realtà da tempo ridotta a percentuali minime, la “partita” si gioca con l’opposizione radicale di destra rappresentata da Jobbik – ha accusato Orban di aver messo su un’operazione di propaganda a causa della discesa della sua popolarità nei sondaggi. In realtà l’idea del muro si connette organicamente alla svolta sovranista e conservatrice sancita dalla riforma della Costituzione del 2012 voluta proprio dal premier. Dalla carta è scomparsa infatti la dicitura “Repubblica” per far posto a “Ungheria” come entità organica e a un riferimento esplicito ai valori religiosi. Questo richiamo volkish si accompagna anche al rapporto conflittuale con l’Ue e allo scontro aperto con il Fondo monetario internazionale che è stato “cacciato” dall’Ungheria.

Antonio Rapisarda

@rapisardant



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