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Cosa succederà dopo il tosto referendum in Grecia

Questo commento è stato pubblicato oggi su L’Arena di Verona, il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi

Negli ultimi sette giorni s’è detto tutto e il contrario di tutto sui greci che oggi vanno alle urne: dalla possibile nascita di un euro parallelo al ritorno della dracma, la precedente moneta nazionale. Dall’ipotesi “Grexit” – Atene che esce dall’eurozona – al misterioso ma già abbozzato “piano B”. Dalla prospettiva di un governo di unità nazionale al posto della guida di Alexis Tsipras il rivoluzionario (o insieme con lui) fino a nuove trattative di Bruxelles sui “crediti”. Ma ognuno di questi e altri scenari ha un grande limite: quello di prevedere la sorte dei soli greci, peraltro mai così incerta di fronte al referendum da loro stessi promosso sulla proposta economico-politica dell’Unione europea. Invece oggi si vota in Grecia, certo, ma da domani è in ballo l’Europa. E’ arrivato il giorno della verità per tutti e, in barba ai pronostici e alle polemiche, nulla sarà più come prima. Che vinca il “sì” o che vinca il “no”. Che festeggi il temerario Tsipras o che tiri un sospiro di sollievo la resistente Frau Merkel. Che la Banca centrale europea intervenga subito per evitare il peggio o che la tragedia greca si risolva nel tempo sull’onda delle riforme. Questo referendum a sorpresa in un piccolo Paese dalla storia antica scuoterà le fondamenta della nostra Unione. Che continente siamo, se non siamo capaci di tenere insieme le economie che utilizzano, oltretutto, la stessa moneta? Qual è il sogno europeo per i nostri figli al di là del programma studentesco Erasmus, se un popolo europeo è ridotto e s’è ridotto al lastrico? A che serve un’Unione che non sa affrontare una crisi in fondo circoscritta come quella greca e alla portata degli altri e più ricchi ventisette Paesi?

Già si discute su quanto e come l’esito del voto potrà condizionare l’economia degli altri. Naturalmente tutti rassicurano e considerano il caso greco come una rondine che non farà primavera. Ma il punto non è capire in che modo il sistema bancario e le istituzioni sapranno reagire al “rischio contagio”. Il punto è capire che il destino di Atene è capitale per l’Europa, ed è già domani.


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