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Ecco gli Stati che non si divertono con la saga greca

Nella “saga greca” siamo ormai ai tempi supplementari. Difficile capire perché il governo in carica ad Atene abbia sbattuto la porta in faccia alle ultime, generosissime, proposte dei creditori. Probabilmente, sono prevalse ragioni puramente interne: i rapporti dell’esecutivo con un elettorato radicale e populista che lo ha eletto. Oppure la speranza che tenendo duro, anzi durissimo, Atene riesca a ottenere una ristrutturazione del debito. Quali che siano le ragioni, si continua a negoziare ben sapendo che non si potrà giungere a un accordo di sorta prima che sia stato proclamato l’esito del referendum.

In questo bailamme, pochi si accorgono della crescente protesta di Paesi a basso reddito e struttura economica ancora arretrata i quali non capiscono perché la Grecia stia ottenendo un “trattamento di favore” dall’Unione Europea. Non comprendono, poi, perché le istituzioni europee carichino sul resto dell’UE “il costo della distrazione”: con tutti gli sforzi diretti a tentare di risolvere “il problema greco” (che Atene ha causato con le proprie mani, pure truccando i conti), gli altri dossier siano stati di fatto abbandonati (ad esempio che fine ha fatto il Piano Juncker? E’ stato superato dal rapporto dei cinque Presidenti? E perché non si parla del negoziato transatlantico? E via discorrendo).

Il più vocale è il presidente della Bulgaria, Rosen Plevneliev: “Noi siamo molto più poveri della Grecia in termini di reddito pro-capite e di struttura della produzione e dei consumi, eppure abbiamo fatto tutte le riforme che ci sono state richieste per fare parte dell’UE: quando hai un problema – afferma riferendosi chiaramente ad Atene – cerchi di risolverlo con le tue forze, non lo scarichi sugli altri.

Accenti analoghi, e a volte molto più puntuali, vengono dalla Repubbliche Baltiche: ad esempio, la Lituania sottolinea che da loro le pensioni non solo si prendono ad età più avanzata che in Grecia, ma sono più basse: “Perché i pensionati lituani – titolava un quotidiani locale- devono finanziari quelli greci?”. Umori analoghi in Lettonia ed Estonia, alla prese per di più con i costi dell’immigrazione dalla Federazione Russa. Tra i Paesi dell’Europa meridionale, il più nervoso è il Portogallo: ha poca popolazione e un’agricoltura a basse rese, ma ha superato la crisi senza aiuti straordinari e non riesce a comprendere il trattamento di favore riservato ad Atene. Spagna ed Irlanda sono su posizioni simili.

Quindi, il negoziato greco sta aprendo nuove fratture e nuove segmentazioni nell’UE. Proprio come previsto vent’anni fa da Martin Feldstein e Alberto Alesina. Che i negoziatori lo sappiano!



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