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Ecco verità (e bugie) sulle banche italiane

Pubblichiamo un estratto della relazione del presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, letta nel corso dell’assemblea annuale dell’associazione bancaria italiana tenuta oggi

In quest’anno, anche con gli “esami” e gli stress test della BCE, le banche in Italia hanno vissuto costruttivamente, seppure in tempi strettissimi, la rivoluzione bancaria che è venuta dalle diverse fonti del diritto europeo e da una forte spinta italiana al cambiamento.
Le banche italiane, più di ogni altro comparto economico, stanno sviluppando profondi cambiamenti, innanzitutto con forti e diffusi rafforzamenti patrimoniali, con giganteschi accantonamenti a fronte dei costi della crisi che le banche sopportano senza aiuti pubblici e sempre con proprie risorse, anche attraverso Fondi interbancari di tutela dei depositi che hanno realizzato importanti e positive innovazioni.

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La “rivoluzione” bancaria italiana sta producendo anche forti mutamenti negli assetti societari e proprietari, con un dinamismo che non notiamo in altre parti d’Europa dove, invece, prima del 4 novembre, ci sono stati forti aiuti di Stato o comunque pubblici.

Apprezziamo il ruolo lungimirante della Banca d’Italia e l’impegno del Governo di trovare nuovi strumenti per favorire lo smaltimento della massa dei crediti deteriorati. Le sofferenze che erano cresciute a 108 miliardi nel 2011, sono ancora aumentate a 125 miliardi nel 2012, a 156 nel 2013 e a 184 nel 2014 e a oltre 191 ad aprile 2015.
Apprezziamo ciò che questo Governo sta facendo anche recuperando, per quanto possibile, le inerzie di anni precedenti che hanno visto una “caccia alle streghe” contro le Banche in Italia e, invece, aiuti pubblici alle Banche di altre parti anche della stessa Europa.

Apprezziamo, quindi, il decreto legge, che il Governo ha approvato nelle scorse settimane, che modernizza il diritto fallimentare, in particolare per il recupero dei crediti, e realizza l’omogeneizzazione del trattamento fiscale delle perdite sui crediti ai tempi europei.

La preconcetta “caccia alle streghe” antibancaria in Italia si è indebolita di fronte a dati di verità come quelli di Eurostat sugli “aiuti di Stato alle banche” che hanno evidenziato il record a favore di quelle tedesche e hanno collocato in coda quelle italiane che non hanno ricevuto nemmeno un Euro a fondo perduto, ma solo quattro miliardi in prestito a tassi elevatissimi di circa il 10%, restituiti completamente.

Ma la “rivoluzione bancaria” deve preludere ad una nuova fase di stabilità, basata sulla certezza e l’omogeneità del diritto europeo, per dispiegarne gli effetti positivi e le rinnovate identità delle banche a cui, in questi mesi, è stato chiesto l’impegno straordinario e contemporaneo di rafforzare il capitale, trovare nuova redditività, depurare i crediti dubbi, assumere nuovi rischi in una fase ancora di crisi, procedere a importanti innovazioni societarie, aumentare ulteriormente la trasparenza e la concorrenza ad ogni livello.

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Anche nel numero, le banche italiane hanno realizzato fortissimi cambiamenti: nel 1927 erano 4.337. Nel 1936 si erano forzatamente ridotte della metà a 2.070. Nel 1990, anno della legge Amato e vigilia del TUB del 1993, le banche in Italia erano 1.156 di cui 715 di Credito Cooperativo.

Il numero delle banche in Italia (eccettuate le filiali di banche estere) si è progressivamente ridotto per processi di libero mercato fino alle attuali 584, di cui 376 di Credito Cooperativo: ma delle 208 Banche non BCC, molte fanno parte di Gruppi bancari, per cui ora in Italia vi sono 134 Gruppi bancari e banche indipendenti, nonché il mondo delle BCC che fra loro fanno “sistema”.

Ma negli altri paesi europei quante sono ora le Banche? Sempre escludendo le filiali di banche estere, in Germania vi sono ben 1.734 banche e 579 in Francia.
Comunque è il mercato, con regole europee identiche, che deve selezionare le migliori banche.

Il testo completo della relazione si può leggere qui



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