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Tutti i numeri sul taglio alle tasse promesso da Renzi

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha lanciato un Patto con gli Italiani: più riforme, meno tasse. “Per 5 anni – ha annunciato sabato scorso all’Assemblea milanese del Pd – avremo un impegno di riduzione delle tasse che non ha paragoni nella storia repubblicana di questo paese. Una rivoluzione copernicana, senza aumentare il debito”.

IL PIANO RENZIANO

Si tratta di un taglio di 45 miliardi in tre anni: 5 miliardi nel 2016, con l’eliminazione della Tasi sulla prima casa; 20 miliardi nel 2017 con le riduzioni di Ires ed Irap; 20 miliardi nel 2018 con le riduzioni degli scaglioni Irpef e sulle pensioni. Il tutto, contando anche di non sforare il tetto del 3% al deficit e di attivare le clausole che consentono più flessibilità, visto che stiamo facendo le riforme strutturali.

QUANTO SALIRANNO LE ENTRATE

I dettagli sono ancora troppo pochi per fare una analisi approfondita: comunque, se si cumulassero gli effetti annuali dei tagli, al termine del 2018 il risparmio fiscale per gli italiani sarebbe di 75 miliardi. Una somma discreta. Il fatto è che, al momento, le previsioni tendenziali per il prossimo anno indicate nel Def 2015 scontano un aumento delle entrate tributarie per 29 miliardi di euro per via delle clausole di salvaguardia che scattano automaticamente in assenza dei tagli della spending rewiew. Nel 2017, le entrate crescono ancora di altri 17 miliardi di euro, e nel 2018 di ulteriori 12 miliardi. Cumulativamente, il maggior prelievo arriverebbe a 133 miliardi. La proposta di tagli alle tasse non arriverebbe neppure alla metà degli aumenti già previsti.

CHE COSA DICE L’ATTUALE DEF

Il rapporto deficit/pil, sempre sulla base delle previsioni tendenziali del Def, passerebbe dal -2,6% di quest’anno al -1,4 del 2016, al -0,2% del 2017 per volgere in positivo nel 2018 con il +0,5%. Senza considerare gli impatti positivi sulla crescita, il taglio di 5 miliardi della Tasi nel 2016 farebbe peggiorare il rapporto deficit/Pil di circa ½ punto percentuale, talchè salirebbe a -1,9%. Nel 2017, il saldo peggiorerebbe di 1,4 punti, arrivando a -1,6%, mentre nel 2018, il costo dei 45 miliardi a regime peserebbe per oltre 2,5 punti percentuali. Naturalmente, ogni auspicato incremento del denominatore (Pil) migliorerà i rapporti.

LE QUESTIONI CONTROVERSE

I calcoli fatti in precedenza considerano il rapporto congiunturale deficit/Pil e non il più stringente vincolo del pareggio strutturale del bilancio. Trattandosi di modifiche permanenti della tassazione, dovrebbero essere bilanciate da riduzioni di spesa altrettanto strutturali.

COSA SUCCEDE CON IL TAGLIO DELLA TASI

Al forte aumento delle entrate tributarie già previsto nel prossimo anno (+29 miliardi), corrisponderebbe quindi un taglio della Tasi sulla prima casa per 5 miliardi: davvero poco. La manovra tributaria residua sarà infatti pari a 25 miliardi, che corrispondono ad un prelievo dell’1,4% del Pil. Anche se ci fossero i risparmi della spending review, magari con una riduzione dei servizi sanitari, l’effetto depressivo rimarrà pesante.

GLI EFFETTI DEL TORCHIO SUGLI IMMOBILI

I tempi sarebbero maturi per una riflessione profonda sulle politiche pubbliche effettuate in questi anni: la tassazione ha penalizzato pesantamente i patrimoni immobiliari, con il risultato di far cadere il valore di questi asset e di scoraggiarne l’acquisto. Il risparmio e gli investimenti mobiliari sono stati tosati. Gli investimenti, pubblici e privati sono crollati. Il risparmio degli italiani viene dirottato all’estero, dove ci sono migliori prospettive di rendimenti.

 

LE PREVISIONI SMENTITE

Tutto doveva servire per bloccare la crescita del debito pubblico, che era all’origine dell’allarme sui mercati, che invece è salito sempre: le previsioni di tutti i governi sono state tutte smentite, a pochi mesi di distanza, con una regolarità impressionante. Ancora una volta, nel Def 2015 si afferma che “Nelle previsioni il rapporto tra debito e PIL crescerà nel 2015 (da 132,1 a 132,5 per cento) per poi scendere significativamente nel biennio successivo (a 130,9 e 127,4 per cento), anche grazie al contributo delle privatizzazioni”.

Anche il Presidente del Consiglio ha preso atto che servono misure incisive per rilanciare l’economia: propone tagli delle tasse in cambio delle riforme, ma senza aumentare il debito. Visti però i numeri del Def, sembra solo un modo per addolcire l’ennesima pillola amara.


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