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Il secolo breve dei greci (e dell’Europa)

Il terribile XXI secolo dei greci, iniziato nel 2010, non terminerà prima del 2064, a quanto pare. E non è detto che finisca bene. L’analisi di sostenibilità pubblicata dal Fondo monetario internazionale, infatti, illustra con chiarezza che il malfunzionamento dell’economia greca è profondo e ha generato una voragine che inghiotte decine di miliardi di aiuti senza che ciò serva a colmarla.

L’esito del referendum cambio poco o nulla questo stato di cose. Qualunque cosa succeda da oggi in poi, i greci saranno chiamati al loro inevitabile redde rationem che, inevitabilmente, sarà anche il nostro. L’Europa dovrà decidere una volta per tutte se continuare a foraggiare i greci, o lasciare che vadano per la loro strada. In ogni caso tutti noi saremo chiamati a pagarne le conseguenze.

L’insaziabilità del debito greco infatti, perfetta metafora del nostro tempo, somiglia a una mostruosità mitologica, che i disperati tentativi di creditori, che pure hanno generosamente alimentato, ottengono solo il risultato di rendere ancora più affamata e al contempo bisognosa.

L’opinione pubblica scopre così che servono 50-60 miliardi ai greci prima possibile, per rendere in qualche modo sostenibile un debito che sennò non lo è. Sollevando così comprensibili interrogativi sul perché la Grecia somigli a un debitore privilegiato rispetto ad altri, che hanno avuto assai meno e riformato assai più. Perché dovremmo aiutare la Grecia più degli altri?

Queste eruzioni polemiche sono la semplice conseguenza di una situazione surreale, che per di più hanno l’aggravante di schiacciare l’analisi sul presente o, peggio, sul passato, quando invece è il futuro della Grecia che dovrebbe inquietarci, se davvero fossimo una comunità europea. E non tanto, o non solo, per elementare spirito di solidarietà, ma perché riguarda anche ognuno di noi.

Se fossi greco e leggessi quello che scrive il Fmi rimarrei di stucco. Nella migliore delle ipotesi, ossia che si raggiunga un accordo, che arrivino i prestiti e che si decida persino un haircut del debito esistente, dovrei aspettare fino al 2064 per vedere il mio debito pubblico, ossia il fiato sul collo dei creditori internazionali, scendere sotto l’80%. E per giunta dovendo tenere un avanzo primario almeno al 2,5% del Pil per tutto questo tempo, quando nelle mie orecchie risuonano ancora le polemiche da mercato fra Tsipras e l’Ue per un avanzo primario all’1%.

E’ solo contabilità, dicono i più esperti, previsioni o poco più. Ed è sicuramente così. Rimane il fatto che su tali previsioni i greci devono decidere sul loro futuro. E se fossi greco e leggessi il Fmi, l’unico pensiero che mi sorgerebbe è che questo futuro di miseria e sorveglianza internazionale semplicemente non lo vorrei. Salvo poi temere il salto nel buio. Davvero terribile camminare su un crinale così stretto.

Il secolo breve dei greci è una promessa di disperazione.

Ciò malgrado il Fmi ammette che “data la fragilità della dinamica del debito, sono necessarie ulteriori concessioni da parte dei creditori per tornare a renderlo sostenibile”.

Una delle ipotesi è quella di allungare il periodo di grazia a 20 anni e il periodo di armonizzazione a 40, oltre ovviamente a prevedere la concessione di nuovi prestiti. Ma prima di ogni cosa bisognerà capire se la Grecia dovrà sopportare il suo fardello da sola o con la concessione di aiuti.

Nel primo caso lo scenario ipotizza che il debito pubblico greco rimarrà superiore al 100% per i prossimi cinquant’anni, che poi significa che il Paese vivrà sotto la costante minaccia di shock finanziari e instabilità di vario genere. Qualche cinico potrà pensare che un partner così è meglio perderlo che trovarlo.

Nel secondo scenario, ossia che arrivino gli aiuti, nel 2064 la Grecia dovrebbe raggiungere il target del 60% di debito sul Pil. Ma in cambio di cosa?

Il punto è proprio questo. Aiuti è una parola generica, che evoca solidarietà più o meno pelose. Ma il fatto è che prima di tutto le controparti si devono accordare e, soprattutto devono fidarsi l’una dell’altra. Circostanza che la cronaca recente di certo non ha facilitato.

Poiché la vulgata della sostenibilità è basata sul concetto dell’avanzo primario, il Fmi elabora altri scenari che mescolano diversi livelli di avanzo primario con l’assunzione che la crescita reale greca rimanga debole nel periodo considerato.

Il primo scenario ipotizza un avanzo primario del 3,5% per i prossimi cinquant’anni. Lascio a ognuno di voi valutare quanto sia realistica l’ipotesi che i greci riescano nell’impresa. In questo caso nel 2064 il debito/pil, sempre ipotizzando che vengano concessi gli aiuti, dovrebbe stabilizzarsi intorno all’80% del Pil.

Se invece andiamo a vedere l’ipotesi di un avanzo primario del 2,5%, ben lontano comunque dai numeri emersi durante il negoziato, il debito/pil nel 2064 sarebbe ancora al 140%. In pratica il secolo breve diverrebbe eterno.

Ciò spiega perché il Fmi scriva che in questo caso, ossia di un avanzo primario basso, “sarebbe necessario un haircut, oltre alla concessioni di prestiti a tassi bloccati al livello corrente”. Ed ecco la voragine che spalanca la sua bocca. L’esempio di haircut ipotizzato vale almeno 50 miliardi di euro. Difficile spiegarlo alle opinioni pubbliche europee, chiamate a sostenere questa perdita con le loro tasse.

In questo scenario, tuttavia, il debito/pil, sempre nel 2064, sarebbe al livello di quello con sotto l’ipotesi di un avanzo primario del 3,5%. Che significa meno sacrifici per i greci, più sacrifici per gli altri partner. Ossia tutti noi.

Il secolo breve dei greci, evidentemente, è anche il nostro.


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