Continua l’innamoramento de Il Foglio cerasuolo con Matteo Renzi. Oggi la sfida è lanciata sulla capacità della nuova giunta romana del sindaco Marino di svoltare rispetto alla drammatica situazione fallimentare del comune Capitale d’Italia, al centro delle feroci attenzioni critiche della stampa di mezzo mondo.
Stupisce questo attaccamento del quotidiano fondato da Giuliano Ferrara per un giovanotto di belle speranze, asceso alla guida del governo italiano in virtù di un “golpe blanco” in tre atti, perpetrato dall’ex Presidente Napolitano in esecuzione di ordini superiori della troika.
Stupiscono anche gli encomi di quei giornali assai poco indipendenti, che hanno sostenuto sin qui spavaldamente il nuovo corso, seppure adesso con assai minore sicurezza, senza il pudore di evidenziare la condizione di oggettiva illegittimità su cui si regge il sistema istituzionale del nostro Paese.
Incostituzionale la legge elettorale da cui è sorto l’attuale Parlamento, anomalo il terzo presidente del consiglio, mai eletto e giunto al soglio di Palazzo Chigi grazie a primarie taroccate dentro il suo partito, con annessa pugnalata coordinata alle spalle del povero Letta e anomala una maggioranza di governo, espressione di quel Parlamento taroccato, con l’aggiunta di transfughi dalla minoranza. Una maggioranza che si appresta ad acquisire l’ultimo manipolo di voltagabbana guidato dal mezzano del patto del “ Nazareno”, Verdini.
Questa confusa fase di lunga transizione da quel che resta della cosiddetta seconda repubblica a una nuova stagione che appare sempre più lontana, diventa il regno del più indecente trasformismo politico, facilitato da classi digerenti più che dirigenti, senza più riferimenti ideali di consolidate culture politiche, interessate solo alla conservazione della loro condizione di casta privilegiata.
La sovranità non appartiene più al popolo e lo Stato di diritto sembra ormai una chimera per i cittadini che, quotidianamente, sperimentano la condizione di totale sfascio delle più elementari funzioni in cui l’autorità dello Stato dovrebbe esercitarsi.
Dal malfunzionamento della giustizia, al far west di interi quartieri di città, nelle quali le famiglie contro il fenomeno di una delinquenza cresciuta a dismisura devono organizzarsi a proprie spese per garantirsi la sicurezza, al caos della gestione di una spesa pubblica senza controlli e con sperequazioni tra le diverse regioni, non più giustificabili e sempre meno tollerate.
Tutto ciò in una situazione economica, sociale e finanziaria caricata da un debito pubblico senza più freni, un’imposizione fiscale che solo le promesse vacue de “ il Bomba” annunciano in via di riduzione e una disoccupazione, drammatica quella giovanile, che autorità internazionali dichiarano riconducibile ai dati precedenti alla crisi, non prima di almeno vent’anni.
E’ un’autentica Waterloo della Repubblica, con partiti frantumati e senz’altri riferimenti etici e valoriali, una casta odiosa ammantata da privilegi indecenti e insopportabili dai comuni cittadini elettori, oltre la metà dei quali abbandona sfiduciata l’unica espressione ormai loro rimasta che è quella del voto.
Rischiamo la fine della nostra stessa unità nazionale, quando assistiamo all’indecente sperequazione tra i 500 milioni di euro elargiti per il dissesto finanziario della Sicilia e i 2 milioni di euro per il tornado della riviera del Brenta. E venti fameliche regioni con differenziati poteri e autonomie non ce le possiamo più oggettivamente permettere.
La situazione è drammatica, ma cosa importa: abbiamo “il giovin signore” che, tra una partitina al biliardino, un sollazzo alla play station e qualche twitter mattutino, è lì che ci mal rappresenta all over the world, mentre il Paese è totalmente allo sbando.
Ettore Bonalberti
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