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Principia Sgr, ecco la strada italiana al venture capital in Università

Esiste una via italiana al venture capital impegnato nel sostegno alla ricerca universitaria? Sì, e ad incarnarla è Principia Sgr, la più grande Sgr italiana di venture capital e l’unica nel panorama nazionale ad avere una partecipazione azionaria mista tra soci privati e istituzionali come il Cnr. Il primo banco di prova di questa realtà è il nuovo fondo di investimento appena lanciato e ribattezzato Principia III (fondo dedicato al life science) che può contare su una dotazione iniziale di 160 milioni di euro ma punta a raccoglierne 300; si tratta di soldi poi destinati a essere investiti nella ricerca e nell’innovazione del settore Health e biomedicale.

IL CONVEGNO ALL’UNIVERSITA’ LA SAPIENZA

Per riunire attorno a un tavolo tutti gli attori protagonisti di questa nuova avventura e fare il punto della situazione, giovedì 16 luglio all’Università La Sapienza di Roma si terrà l’incontro dal titolo “Capitali per l’innovazione nella ricerca scientifica. Dal trasferimento tecnologico all’impresa”. Animatore e promotore di tale appuntamento è il professor Andrea Lenzi, stimato endocrinologo, presidente del Consiglio universitario nazionale (Cun) e presidente dell’Advisory Board di Principia Sgr. “Per la prima volta – spiega a Formiche.net – l’impresa legata al capitale derivante da enti nobili, da enti che investono la propria disponibilità finanziaria in un lucro positivo, viene accolta nella cattedrale della scienza universitaria alla presenza di tutti i rettori della regione Lazio che rappresenta il principale nucleo di ricerca sulla salute in Italia”. Secondo il professor Lenzi, questo incontro riveste una particolare rilevanza dato che “va inteso come un’importante segnale per l’Università intesa come risorsa non solo dal punto di vista accademico, ma anche come punto di partenza per l’imprenditoria ad alto contenuto di ricerca e innovazione. Infatti – continua – l’Università deve sempre più essere intesa, non solo come luogo di cultura, ma anche come terreno fertile per attrarre investimenti dai settori pubblico e privato, dando così impulso al sistema Paese. E’ proprio in questo senso che il trasferimento tecnologico assume un ruolo rilevante: l’Università deve incentivare e favorire l’incontro diretto tra i giovani, imprenditori e primi promotori della propria ricerca, e i venture capital, e non permettere che le eccellenze restino confinate solo nei laboratori di ricerca”.

LO SCATTO CHIESTO ALL’UNIVERSITA’ ITALIANA

Il sistema universitario italiano soffre di un atavico problema: viene troppo spesso visto (e considerato) come un luogo utile soltanto per insegnare il sapere, senza avere troppo a che fare con il mestiere e le professioni. Una convinzione che, nelle intenzioni del professor Lenzi, va completamente smentita a suon di fatti. “L’Università moderna sta uscendo da questo guscio divenendo un’istituzione sempre più in grado di collaborare con la società per migliorare il sistema Paese rendendolo più ricco e adeguato – spiega -. Servono però alcuni cambiamenti, perché dottorandi e ricercatori devono anche imparare a fare impresa con le proprie scoperte e ricerche trovando chi li finanzia, tutte cose che vanno conteggiate nel loro curriculum che non può essere fatto solo di pubblicazioni. In Italia mancava un rapporto pubblico-privato nel sostegno alla ricerca, troppo sbilanciato solo sul pubblico; in questo modo si introduce invece anche un’attenzione alla valutazione del prodotto che viene realizzato”.

IL MESSAGGIO LANCIATO DA ROMA

Quello che giovedì viene lanciato da Roma è innanzitutto un messaggio al mondo politico, in particolare ai Ministeri dell’Università e della Salute, “affinché facciano uno sforzo comune per fornire una chiara indicazione secondo la quale anche le esperienze di innovazione e i progetti che vanno a prodotto sono validi, quindi che vengano valutati per la carriera del docente”. Inoltre, compito del sistema politico italiano secondo il professor Lenzi è anche quello di “spiegare alla popolazione, fino alla casalinga di Voghera, cosa fa il ricercatore, che non è un sognatore come la vulgata popolare ritiene, ma una risorsa del Paese che produce innovazione e non ci costringe magari a comprare all’estero biotecnologie e nanotecnologie ma le crea in Italia”. In definitiva, con il convegno di giovedì, chiosa il presidente del Cun e dell’Advisory di Principia Sgr, “vogliamo fare passare il messaggio che l’Università è aperta a queste iniziative, che la collaborazione pubblico-privato negli Atenei è virtuosa e serve a produrre qualcosa di utile per il Paese”.



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