La dimensione da primato che hanno raggiunto gli investimenti cinesi in Italia rischia di distogliere la nostra attenzione da alcuni elementi degni di nota. In particolare:
– Il crescente radicamento in settori universalmente considerati strategici e sensibili, come l’energia. Dapprima a livello nazionale, tramite il maxi investimento in Cdp Reti che è lo scrigno che racchiude la distribuzione elettrica e del gas in Italia ed è il portone d’accesso alle reti pan-europee. Poi mediante un ingresso selettivo nella partita del capitalismo municipale, sia tramite acquisti di quote in utility municipali quotate, sia tramite l’ingresso in F2i, soggetto votato a investimenti in questo comparto.
– Il marcato interesse per asset che, vista la nostra geografia, sono specificamente sensibili per l’Italia. E’ il caso della portualistica, e in particolare di Venezia, che nelle mappe del politburo cinese è il raccordo tra la Via della Seta terrestre e quella marittima.
– Lo shopping nelle banche italiane che, seppure limitato a quote minori, consente di contemperare strategie di portafoglio con asset liquidi (banche quotate…) con “altri benefici” a cui – in Italia, per le peculiarità della nostra architettura – hanno accesso gli azionisti di minoranza di banche e assicurazioni. Tanto per intenderci: conoscete un azionista di banca italiana che goda di cattiva stampa? E’ evidente, dunque, che è in gioco non solo una strategia finanziaria ma anche una evoluzione verso il cosiddetto “soft power”.
– La tendenza al dispiegamento di “soft power” in Italia si riscontra anche in investimenti in “asset culturali” o di intrattenimento variamente inteso. Come l’acquisto da parte del gruppo Wanda di Infront, il gigante elvetico che gestisce diritti televisivi del calcio, e che ha un terzo del proprio fatturato proveniente dalla Serie A italiana. Mr. Wang, il dominus di Wanda, è stato definito da Joe Nye come la incarnazione del soft power cinese nel corso di una memorabile litigata al World Economic Forum Davos, il sancta sanctorum dei potenti di tutto il mondo. E Nye, che è colui che ha coniato l’espressione “soft power” sa di cosa parla.
A fronte di questi quattro elementi, è stupefacente che il nostro Paese non disponga di un organismo indipendente e sottratto al moto oscillante della politica. A quando un CFIUS Italiano? Sotto l’ombrello del Quirinale?