“Finalmente anche le scuole cattoliche pagano l’ICI”. Lo si sente dire spesso in questi giorni dopo la sentenza della Cassazione sui due istituti religiosi di Livorno. Questa posizione è la prova che sulle paritarie regna un’assoluta ignoranza. Non ci interessa qui cavalcare la guerra ideologica, ma mettere in fila alcuni dati per dimostrare quanto duri a morire siano i pregiudizi e quanto i difensori della scuola statale in opposizione a quella paritaria, e non in alternativa come vorrebbe la libertà di istruzione, facciano male solo a quello che dicono di voler difendere.
Il principio, ideologico e sbagliato, è che è pubblico solo ciò che è “statale”. Invece la scuola è sempre un bene pubblico, anche quella paritaria, scelta da migliaia di famiglie italiane. E’ un bene pubblico perché è garanzia di libertà e perché rappresenta un contributo fondamentale al mantenimento della stessa scuola statale.
Due numeri lo provano: le scuole paritarie sono frequentate da 1 milione e 300 mila studenti contro i circa 9 milioni delle pubbliche. Nelle paritarie lavorano 100 mila tra insegnanti e personale, assunti senza agevolazioni e con regolare contratto, contro i circa 91mila insegnanti della scuola statale (di recente il governo ne ha assunti altri 120mila!). Il risultato è che il costo di ogni alunno alla scuola statale è di 7mila 500 euro contro i 500 euro ad alunno per le scuole non statali. Se le paritarie chiudessero, e il rischio è concreto dopo questa sentenza che fa orrore, il sistema scolastico statale pagherebbe di botto 9 miliardi e 750milioni in più, un tracollo.
Questo aggravio è sostenuto interamente dalle famiglie che, anche con grande fatica, pagano le rette scolastiche per mandare i loro figli alle paritarie. Altri due punti: non è vero che parliamo solo di Istituti religiosi. Molte scuole sono state rilevate da cooperative e fondazioni laiche, spesso formate da genitori o professori, ma i talebani del laicismo forse non lo sanno. E non è vero che non pagano le tasse: le paritarie pagano INPS al 33%, Irap al 4,25% sul costo del lavoro, Tares, Tasi, addizionali regionali, IVA, Irpef. L’ICI, abolita dal governo di centrodestra nel 2008 e reintrodotta da Monti, viene imposta sulla base del principio che le paritarie sarebbero in realtà attività di tipo commerciale. Come si possa associare la scuola al profitto, non si sa. Bene fa dunque Regione Lombardia a mettere in campo misure di sostegno per garantire a tutti la possibilità di scegliere se mandare i loro figli in una scuola piuttosto che in un’altra, visto che il semplice sgravo dell’Irpef voluto dal governo con la Buona Scuola è poco più che una presa in giro.
Ogni rinvio o titubanza è uno schiaffo a milioni di famiglie e a decine di migliaia di operatori della scuola libera oltre che un modo per allontanare ancora una volta l’Italia dall’Europa dove già da tempo la libertà di istruzione è ampiamente garantita.
Nicolò Mardegan, Movimento civico NoixMilano