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Unioni gay, perché la sentenza di Strasburgo mi fa ribrezzo

Rispetto coloro che si battono pubblicamente e da anni per un riconoscimento dei “matrimoni omosex” nel nostro Paese. La lunga permanenza in Parlamento con Franco Grillini, pur su fronti opposti su questo tema, mi fa dire che c’è stata anche una franca stima reciproca delle differenti opinioni. Più volte in Italia il Parlamento ne ha discusso. Nichi Vendola, Franco Grillini e Vladimiro Guadagno (Vladimir Luxuria) hanno incarnato le ragioni di questa necessità, pur nel rispetto delle istituzioni e nel legittimo uso degli strumenti parlamentari. Sinora le loro ragioni non hanno mai prevalso e più volte ogni strumento proposto all’attenzione del Parlamento è stato respinto sulla base di altrettanto fondate ragioni.

Penso che anche a loro ribolla il sangue, non certamente per il merito delle sentenze della Corte di Strasburgo, piuttosto per la dignità delle nostre istituzioni e del nostro Paese.
Se da una lato non è accettabile affermare che la sentenza ci “obblighi legiferare per i matrimoni omosessuali”, dall’altro non possiamo evitare di notare che da Strasburgo venga un proprio diktat offensivo verso il Paese e le Istituzioni democratiche italiane.

La Corte non può imporre nulla a un Paese, né indicare una preferibile soluzione, né come ha invece fatto esprimersi con giudizi affrettati sul “consenso popolare verso i matrimoni omosessuali” o sulla necessità per il governo di adeguarsi alla sentenza, visto che l’Italia ha un proprio Parlamento democraticamente eletto, ha sue proprie Corti supreme e un sistema giurisdizionale encomiabile e una propria Costituzione chiara in materia di diritti e doveri personali e sociali, come di riconoscimento della famiglia.

Perciò, il mio disappunto per la sentenza di ieri non è tanto ne solo sul contenuto, né sarebbe una novità da parte mia, piuttosto è per il trattamento che il nostro Paese ha subito, la offesa istituzionale a cui si deve reagire con fermezza e decisione.

Il Parlamento sta discutendo una proposta di legge, altre ce ne sono sul tema; la Corte costituzionale ha sentenziato chiaramente nel 2010 su questo tema, che oggi la Corte di Strasburgo non solo “condanni” l’Italia ma perentoriamente immagini di poter imporre una propria decisione superando le istituzioni democratiche del nostro Paese, credo debba tutti unire in una ferma protesta. Questo mi auguro avvenga senza mischiare opinioni e ragioni diverse su diritti, doveri e unioni omosessuali, ma in piena trasparenza e per il bene del Paese. Questa nuova interpretazione della Corte dell’articolo 8 della Convenzione tutta protesa a una ‘obbligazione positiva’ per gli Stati a riconoscere e proteggere le “unioni dello stesso sesso”, come affermano i due giudici contrari alle decisione odierna, è nuova e sbagliata.

Infatti, oltre alle spese giudiziarie, la Corte ha deciso a maggioranza che “c’è violazione dell’articolo 8 della Convenzione ed inoltre che lo Stato deve implementare, sotto la supervisione del Comitato dei Ministri, misure appropriate (sia a livello personale che in generale) per assicurare il diritto agli appellanti di vedere rispettati i loro diritti alla vita privata e famigliare”. In ultima analisi, l’Italia a partire dal Governo “deve” assecondare la richiesta di matrimoni omosex etc.

E’ la prima volta di una “obbligazione positiva” in questa materia, speriamo almeno in una comune reazione a difesa della dignità istituzionale.

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