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Vi spiego il progetto di una moneta complementare all’euro

Riceviamo e pubblichiamo

C’è una cosa che il Parlamento e il governo italiano dovrebbero urgentemente fare per risolvere la drammatica crisi italiana: emettere un titolo/moneta complementare all’euro. In questo modo si uscirebbe rapidamente dalla trappola della liquidità senza uscire dalla (disastrosa) moneta unica. L’Italexit infatti sarebbe disastrosa sul piano economico e geopolitico, e dividerebbe il popolo italiano. Invece la moneta complementare sarebbe utilissima per aumentare la domanda interna e fare crescere l’economia italiana.

La drammatica vicenda greca mostra ormai chiaramente che la questione della moneta unica costituisce il problema principale dell’Europa e dell’Italia. Finora in Italia tutti i governi – Berlusconi, Monti, Letta e ora Renzi – hanno seguito alla lettera i diktat della UE, della Merkel e della BCE – vedi la famosa lettera della BCE del 2011 che imponeva modifiche costituzionali, pareggio di bilancio, riduzione della spesa pubblica e del welfare, blocco dei contratti pubblici, ecc -. Ma “l’austerità espansiva” ci ha cacciato in una crisi senza fine. Occorre una svolta decisa. La prossima Grecia potremmo essere noi.

Il nostro progetto – elaborato da diversi economisti e intellettuali, tra cui Luciano Gallino, Marco Cattaneo, Biagio Bossone, Stefano Sylos Labini e il sottoscritto – prevede di rilanciare l’economia nazionale con una manovra monetaria e fiscale espansiva e democratica, decisa autonomamente dal Parlamento e dal governo italiano, senza dovere chiedere il permesso alle istituzioni europee e a Berlino, e tuttavia senza contravvenire e contrastare i trattati e i regolamenti vigenti nell’eurozona.

Sul piano puramente tecnico i titoli/moneta che proponiamo potrebbero essere emessi nel giro di una sola settimana, proprio come i BOT e i BTP.

Proponiamo che il governo italiano decida di emettere e di distribuire gratuitamente ai lavoratori (dipendenti e autonomi) e alle aziende un titolo di credito fiscale utilizzabile come credito sulle tasse solamente dopo due anni dall’emissione, ma subito convertibile in euro, come qualsiasi altro titolo di stato, come i BOT e i BTP. Grazie alla diffusione gratuita di titoli/moneta per decine di miliardi, aumenterebbe il potere d’acquisto delle famiglie, crescerebbero i consumi e gli investimenti delle aziende. Usciremmo dalla trappola della liquidità che blocca l’economia.

Non c’è dubbio che si avvierebbe immediatamente il mercato dei CCF: gran parte dei lavoratori e delle aziende in difficoltà venderebbero subito i Certificati di Credito Fiscale ricevuti gratuitamente per ottenere euro in modo da potere sopravvivere nella crisi; mentre la parte più ricca e dotata patrimonialmente dei contribuenti e delle aziende acquisterebbe a sconto i CCF in modo da pagare meno tasse alla loro maturazione.
Gli euro, attualmente congelati nel sistema bancario e finanziario, entrerebbero nuovamente in circolazione nell’economia reale. Si ridarebbe ossigeno all’economia in panne.

Noi proponiamo per esempio, di dare 200 euro mensili di certificati di credito fiscale a un lavoratore che guadagna 1200 euro al mese. I CCF verrebbero inoltre distribuiti gratuitamente alle aziende per diminuire il cuneo fiscale e quindi il costo del lavoro: le imprese nazionali diventerebbero così più competitive con l’estero senza squilibrare la bilancia commerciale.

I CCF diventerebbero anche un mezzo di pagamento per la pubblica amministrazione e finalmente si potrebbe fare una politica pubblica espansiva, senza soffocare i comuni, la sanità e l’istruzione. Ma la nuova moneta fiscale per pagare i lavori pubblici non creerebbe debito perché si autofinanzierebbe.

Infatti, come insegna Keynes, grazie all’emissione dei CCF e al moltiplicatore del reddito, grazie al nuovo ossigeno monetario, aumenterebbe immediatamente il PIL e aumenterebbero conseguentemente i ricavi fiscali in maniera tale da coprire il deficit pubblico che altrimenti si produrrebbe alla scadenza dei CCF, cioè a partire dal terzo anno dopo la loro prima emissione.

Nei primi due anni si verificherebbe immediatamente un surplus di bilancio pubblico. In questo modo i mercati finanziari potrebbero immediatamente “toccare con mano” che la manovra basata sui CCF riporta in equilibrio i conti pubblici e allontana lo spettro del default. I creditori internazionali e nazionali avrebbero la garanzia del rientro dei loro crediti. La manovra dei CCF potrebbe insomma sottrarci dal ricatto dei mercati finanziari.

Questa manovra permetterebbe di fare crescere l’economia, i redditi e l’occupazione, e aumentare il PIL senza squilibrare i conti pubblici.
Essendo basata su titoli fiscali, la manovra che proponiamo è tuttavia perfettamente in linea con i trattati europei, perché in campo fiscale ogni stato è ancora completamente sovrano. Essendo inoltre i CCF dei semplici titoli di stato, non mettono assolutamente in discussione il monopolio della BCE sulla moneta unica. L’euro – questa moneta disgraziata da cui è però difficile uscire – rimarrebbe ovviamente l’unica moneta di denominazione, l’unica moneta con corso legale. Ma lo stato e la politica potranno così ridare ossigeno all’economia e fare crescere l’occupazione.

Si tratta di ridare fiato alla democrazia, e di riscuotere un vasto consenso popolare per una manovra espansiva e di svolta che possa finalmente riscuotere l’adesione convinta della maggioranza della società e del mondo produttivo (lavoratori e aziende).

I promotori dell’appello sulla moneta fiscale sono attualmente: Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Luciano Gallino, Enrico Grazzini, Stefano Sylos Labini, Maria Luisa Bianco, Massimo Costa, Stefano Lucarelli, Guido Ortona, Tonino Perna.

Enrico Grazzini
Giornalista economico e saggista, collabora/ha collaborato a diverse testate, tra cui il Corriere della Sera, il Fatto Quotidiano, il Manifesto, Prima Comunicazione, MicroMega, Economiaepolitica, Sbilanciamoci.info. E’ coautore dell’ebook “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall’austerità senza spaccare l’euro” edito da Micromega, 2015. Ha scritto “Manifesto per la democrazia economica”, Castelvecchi editore, 2014; Il bene di tutti. L’economia della condivisione per uscire dalla crisi”, Editori Riuniti, 2011, e “L’economia della conoscenza oltre il capitalismo. Crisi dei ceti medi e rivoluzione lunga”, Codice Edizione, 2008.

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