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Da Amleto a Grillo

Se Forza Italia “non esiste”, esistendo solo Silvio Berlusconi, come ha detto al Corriere della Sera Giuliano Ferrara, si stenta a capire come lo stesso Berlusconi nelle sue ricorrenti polemiche con Matteo Renzi, dopo la rottura formale del cosiddetto Patto del Nazareno a causa dell’elezione di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica, si sia lasciato condizionare, come lo stesso Ferrara ha detto, da quel “tasso di demenza e follia” presente nel “personale di quarta fila” del suo partito: un personale privo del “senso della politica”.

Forza Italia c’è, a dispetto di quanti ogni tanto ne escono per costituire nuovi partiti o gruppi parlamentari, nel tentativo di aiutare o di contrastare meglio Renzi, secondo i gusti o le circostanze, o non c’è. Essere o non essere?, si chiedeva Amleto.

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Convinto ormai da tempo, e forse non a torto, che Renzi sia in fondo il migliore prodotto del berlusconismo, il “Royal baby”, come lo ha definito nel titolo di un libro, Ferrara non si spiega come mai l’ex presidente del Consiglio non si decida ad entrare “nei libri di storia”, più gratificanti dei registri delle Procure, alleandosi con il suo successore, e magari facendo un governo, o governissimo, con lui. Sarebbe “interesse suo, di tutte le sue aziende e del Paese”.

Invocare e gridare ai quattro venti l’interesse delle sue “aziende” non è forse molto utile a Berlusconi, vista l’ossessione con la quale i suoi avversari glielo contestano, spesso a torto. Un conflitto d’interesse, d’altronde, c’è sempre in politica, anche quando un parlamentare vota leggi che incidono sulle proprie aliquote fiscali.

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Più ancora dei funzionari, archivisti e segretarie di Palazzo Madama, richiamati dalle ferie per prepararsi alla guerra d’autunno sula riforma del Senato, che si combatterà con gli emendamenti predisposti dalle opposizioni e dai dissidenti della maggioranza, dovrebbero essere mobilitati i vigili del Fuoco, i tecnici del Genio Civile e quant’altri in grado di valutare i rischi di crollo. Che derivano alle strutture degli edifici parlamentari dal peso dei documenti predisposti sinora solo per via telematica dal vice presidente leghista dell’assemblea Roberto Calderoli, messosi al comando delle operazioni di contrasto al disegno di legge del governo.

Se stampati per essere distribuiti a tutti i senatori, e addetti ai lavori, i cinquecentomila e rotti emendamenti già predisposti, e i sei milioni che potrebbero diventare azionando un programma elettronico di elaborazione ostruzionistica procuratosi da Calderoli, il loro peso farebbe crollare pareti e soffitti del Senato prima ancora del bilancio, dove non ci sono i fondi necessari a coprire i costi di tanta massa cartacea.

A vantarsi di questo rischio è stato lo stesso Calderoli, che conta probabilmente di godersi lo spettacolo da fuori, uscendo dal suo ufficio in tempo per non essere travolto dalle macerie. Certo, per arrivare all’abolizione del Senato, nonostante il proposito opposto dei suoi emendamenti di difenderne e addirittura potenziarne la sopravvivenza, egli ha scelto il modo più sbrigativo. Come fa il dentista che preferisce togliere il dente che curarlo. La professione di Calderoli, d’altronde, è proprio quella del dentista.

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“Ma chi è Mattarella?”, ha chiesto dagli schermi de La 7 Beppe Grillo, deluso dall’abitudine del  presidente della Repubblica di promulgare tutte le leggi che arrivano alla sua firma. E che andrebbero invece rinviate alle Camere per gli avverbi e gli aggettivi che ne segnano la confusione e la contraddittorietà.

Con disarmante franchezza il capo del Movimento delle cinque stelle ha tuttavia spiegato, o assicurato, che intende tornare quanto presto al suo vecchio, vero e riuscito lavoro. Che è quello di “far divertire la gente”. Cosa che è francamente difficile governando, o proponendosi di governare il Paese. Meglio fare il comico.


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