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Le carceri secondo Papa Francesco

Pubblichiamo un estratto (scelto dalla redazione di Formiche.net) del saggio “Il carcere, la pena e la posizione della Chiesa” di padre Francesco Occhetta uscito su La Civiltà Cattolica

Nel carcere i detenuti regrediscono verso forme di appagamento infantili e vivono del loro passato. Per coloro che parlano un’altra lingua, il presente è mediato quasi esclusivamente dai ritmi del penitenziario: il rumore della chiave che apre le porte blindate, le luci al neon, l’aria stagnante, l’arrivo dei pasti, l’attesa dell’ora d’aria. Gli psicologi del carcere di San Vittore qualche anno fa hanno paragonato la maggior parte dei detenuti, chiamati a scontare pene brevi, ai capponi di Renzo che, mentre erano legati e stremati, trovavano ancora la forza per beccarsi e farsi del male.

Per questa fascia di detenuti è possibile potenziare percorsi alternativi al carcere e l’impiego in lavori socialmente utili, come per i 100 detenuti impiegati all’Expo di Milano. Ci chiediamo che senso abbia lasciare in carcere giovani prostitute africane vittime della tratta, oppure persone senza fissa dimora – i cosiddetti «barboni» – per aver rubato il necessario per sopravvivere. Da anni la nostra rivista chiede di depenalizzare i cosiddetti «reati bagatellari», per alleggerire i costi e diminuire il carico della giustizia penale.

Questi sono reati che, per la loro minima lesività, rivestono una minore rilevanza sociale, e quindi possono essere repressi con sanzioni contravvenzionali o amministrative. Si tratta non di forme di indulgenza o di falso buonismo, ma di strumenti capaci di migliorare l’esecuzione penale e di rendere la pena conforme alle finalità rieducative previste dalla Costituzione.

La dottrina sociale della Chiesa propone di superare l’«intenzione punitiva» del diritto penale, per abbracciare definitivamente quella educativa e personalizzata, attraverso un nuovo progetto pedagogico tra assistenti sociali, volontari, educatori, medici, insegnanti e operatori della giustizia. Parlando di populismo penale, il Papa chiede alla cultura della giustizia di «non cercare capri espiatori che paghino con la loro libertà e con la loro vita per tutti i mali sociali, come era tipico nelle società primitive, [altrimenti c’è] la tendenza a costruire deliberatamente dei nemici: figure stereotipate, che concentrano in sé stesse tutte le caratteristiche che la società percepisce o interpreta come minacciose.

I meccanismi di formazione di queste immagini sono i medesimi che, a suo tempo, permisero l’espansione delle idee razziste». Ai giuristi e ai legislatori, che svolgono un compito difficile sotto la pressione dei media, il Papa affida una missione: conservare la proporzionalità della pena, appellarsi al diritto penale come ultima ratio sanzionatoria per punire i fatti più gravi contro gli interessi collettivi e personali, e infine favorire le sanzioni penali alternative.



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