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Cartolina dell’estate

La cartolina di quest’estate la tengono stretta agli occhi le ciglia. Roba da diventare miopi pur di guardarla. Era solo qualche giorno fa e da un dolce declivio tra i carrubi iblei mi si è stampata nella mente. Carrubi e ulivi facevano da quinte a un mare altissimo che arrivava a confondersi con il cielo. Tutto, come in preludio britteniano, era fermo e immobile. Il cielo e il mare, con le sue striature quasi argento, dove il suo moto statico era ancora più immobile.
Mattino presto era, e l’aria non aveva ancora virato, nella sua tonalità, verso il giallo con cui il sole, sorgendo come il disco di Ammon dalle acque di fronte a Ortigia, avrebbe illuminato quella cartolina come fa uno spot da una quinta di palcoscenico.
La tengo stretta questa cartolina davanti agli occhi e penso a come la natura si metta, pure lei, sull’attenti di fronte all’arte. E pare copiarla. Cercando di fare, delle sue quotidiane rappresentazioni fisiche, un qualcosa di metafisico. Replicando quella stessa cartolina che l’arte ha eretto a scopo di una vita. Di una ricerca pittorica.
Altro che tecnica, altro che scienza. Tutto un secolo a dire che l’uomo ha sottomesso la natura al suo volere, l’ha piegata a colpi di tecnologie, violandone i suoi principi, i suoi meccanismi biologici quando invece è la natura stessa che come un animale domestico è pronta a sottomettersi all’uomo se solo questi è disposto di armarsi di immaginazione e di fare della sua vita un viaggio di ricerca e di stupore. Se solo l’uomo non finirà mai di specchiarsi nel tenero miraggio di una lontananza.
La mostra di Guccione a Scicli questa estate, con un contributo di 3 mila Euro ha fatto 11 mila visitatori. Non servono risorse alla Sicilia, ma un poco di testa e buona semenza.


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