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Cercasi disperatamente solidarietà internazionale

f-35

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Solidarietà a senso unico. Come definire altrimenti la condizione dell’Italia, presente da un lato con gli Eurofighter dell’Aeronautica nel Mar Baltico a protezione dello spazio aereo di quei paesi e lasciata sola da quegli stessi paesi, ispiratori e portabandiera dell’ottuso rigore europeo anti immigrati?

Operiamo da otto mesi sulla base aerea di Siaulai, in Lituania, con i nostri piloti in allarme giorno e notte, un dispiegamento che ci costa molto e non solo economicamente, e che si colloca nel quadro della solidarietà atlantica ed in particolare delle attività di “polizia aerea” avverso rischi, nel caso specifico praticamente inesistenti, pompati dagli Stati Uniti in funzione anti Putin.

A meno che non si voglia classificare come pericolo per l’Alleanza il fatto che velivoli militari russi solchino i cieli nordici senza piano di volo: anche il più sprovveduto dei tecnici di difesa aerea sa che un sistema pur modesto di “space management”, fondato su una sufficiente integrazione tra enti civili e militari, e’ in grado di controllare agevolmente l’anomalia, senza scomodare la solidarietà atlantica.

Tra l’altro, a beneficio degli smemorati o dei poco attenti, vale la pena ricordare che solcare i cieli senza piano di volo, ossia senza l’automatismo nel riconoscimento del traffico, e sopratutto senza che si verifichi in senso tecnico alcuna violazione della sovranità territoriale, è stata – e mi risulta che poco sia cambiato- pratica largamente usata da chi oggi altera volutamente la percezione sulla sicurezza degli spazi aerei e grida al pericolo per l’Alleanza, riesumando ridicoli ed inesistenti scenari da guerra fredda.

Si dirà che il fenomeno migratorio nulla ha a che vedere con la sicurezza dei cieli dell’area euro atlantica e che le realtà, l’una italo europea l’altra Nato, l’una a carattere umanitario l’altra militare, non sono raffrontabili.

Ammettiamo che sia così e rendiamo per un momento omogenei i contesti a confronto, fotografando la condizione attuale delle frontiere della NATO e le sue fragilità: a Nord, al di là della retorica ammuffita, servita come ipotesi di confrontazione fra blocchi, i rischi per l’Alleanza semplicemente non esistono, nel concreto sono il terminale delle paure indotte ad arte in chi ha subito per anni la dominazione russa.

A Sud le cose non stanno così: la Turchia è parzialmente uscita dalle sue ambiguità ed ha dichiarato guerra all’Isis, gruppo ben radicato e militarmente piuttosto capace ai confini meridionali della NATO.

Noi abbiamo di fronte un paese, la Libia, che fatica fin dalla fine della Rivoluzione del 2011 a trovare una identità statuale, perdendo giorno dopo giorno il controllo su tutto, compresi gli aeroporti civili e militari di quasi tutto il paese.

In una valutazione più generale, comincia a farsi strada il concetto di un concreto rischio globale, il presidente Mattarella, mutuando con altri termini un concetto già espresso dal Santo Padre, è solo l’ultima voce autorevole a levarsi, individuando negli scenari attuali ” i germi della terza guerra mondiale”.

Questa è la realtà vera, una situazione degna di una valutazione più responsabile ed oculata, non scopertamente strumentale e fasulla come nell’area baltica; si tratta di un rischio collettivo vero, obiettivo, non fosse altro perché in materia di terrorismo la realtà ha superato spesso la fantasia, facendo sovente ricorso al fascino nefasto esercitato dal mezzo aereo quale amplificatore del terrore.

Ed in tutto questo cosa fa la Nato? Rafforza il fronte Nord per tamponare un pericolo inesistente, sorda puntualmente da decenni ai richiami del Sud, richiami che si stanno tramutando in grida di allarme e che vede il nostro paese tra i più esposti.

In questo contesto, e solo in questo, va valutata la generosità italiana, puntuale in ogni alleanza internazionale strutturata o di scopo; generosità mal ripagata, mai un dividendo di alcun tipo, se non quello di aver messo a punto capacità militari di prim’ordine.

Oggi però il comportamento italiano si può fregiare di un disvalore aggiunto, la contraddittorietà della sua posizione: abbiamo per anni reclamato più attenzione a sud e mandiamo i nostri Eurofighter a nord, a copertura di un immaginario pericolo a carico di Paesi alleati ma poco solidali, lasciando sguarnite le frontiere del Mediterraneo, che possono contare su un servizio di sorveglianza aerea ritagliato su condizioni di pacifica convivenza internazionale o poco più.

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