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Alberto Ortega Martín, chi è (e cosa pensa) il nuovo Nunzio apostolico in Cisgiordania

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Antonino D’Anna apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Comunione e Liberazione? Oltretevere non è stata messa all’angolo con il papato di Francesco come molti pensano. Anzi. Per esempio una nomina molto prestigiosa e delicata è arrivata con lo spagnolo monsignor Alberto Ortega Martín, Nunzio apostolico in Giordania e in Iraq.

Classe 1962, sacerdote dal 1990 nella sua Madrid, lavora nel Servizio diplomatico della Santa Sede dal 1997 ed è vicino al movimento di don Luigi Giussani. La nota ufficiale della Sala Stampa vaticana dice che ha prestato servizio in Nicaragua, Sudafrica, Libano e nella Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, ossia il «ministero degli Esteri» del Papa.

I cablogrammi di Wikileaks, invece, parlano di lui tra il 2007 e il 2010 e riferiscono i suoi colloqui con il personale dell’Ambasciata Usa in Vaticano. Nel 2007 monsignor Ortega appare come «direttore della Segreteria di Stato per il Nordafrica e la Penisola arabica». Ottimo conoscitore di quel mondo, il 2 febbraio 2010 dice alcune cose che possono suggerire quali saranno le sue future linee d’azione da Nunzio: sulle persecuzioni contro i cristiani sottolinea come «il governo iracheno debba essere più attento ai bisogni di sicurezza della comunità cristiana, per esempio mettendo dei poliziotti a guardia delle chiese minacciate. Altrimenti i cristiani iracheni continueranno a emigrare».

Poi lamenta «le rivalità e i disaccordi con la chiesa caldea». Riferisce il cablo: «(Ortega) Ha detto che il Vaticano ha dovuto a volte farsi sentire per chiedere di lavorare insieme per il bene delle loro comunità». Il commento dei diplomatici americani è molto chiaro: «La Gerarchia qui vede il Medio Oriente come cartina al tornasole per la coesistenza interconfessionale tra comunità diverse ed autoctone». Per la cronaca: a luglio 2015 Radio Vaticana ha riferito delle truffe e delle espropriazioni ai danni dei cristiani iracheni, altro frutto avvelenato del loro esodo di massa e della loro sanguinosa persecuzione.

Nei cablo ce n’è anche per l’Iran, allora ben lontano dall’accordo sul nucleare. Quando l’8 febbraio 2010, gli americani sottolineano la necessità di ricordare la situazione sui diritti umani in Iran prima dell’anniversario della rivoluzione iraniana l’11 febbraio 2010, Ortega si dice d’accordo sul fatto che Teheran non stia rispettando i diritti umani e spera che ascolti le richieste di mano morbida sul dissenso interno. Ma «ha fatto capire che le maniglie vaticane su Teheran sono molto limitate, e quanto preoccupa per la minoranza cattolica caldea nel Paese (circa 4.000 fedeli) rende difficile per la Santa Sede criticare apertamente il governo iraniano».

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