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Cina, tutti gli effetti della mossa lassista della Banca centrale

In tarda mattinata di ieri il sentiment ha ottenuto un ulteriore sferzata con l’annuncio delle nuove misure di politica monetaria da parte della People Bank of China:

–  taglio dei tassi di interesse di 0.25% al 3% (minimo storico)

– taglio della riserva obbligatoria di 0.5% a 18% (più ulteriori tagli mirati ad alcune categorie di istituti)

La mossa è stata accompagnata da uno statement in cui è stata modificata la definizione di politica monetaria da “prudente” a “flessibile”, al fine, con ogni probabilità, di segnalare una maggiore proattività nei mesi a venire. Non che la proattività non si sia notata negli scorsi mesi, ma il termine “flessibile” usato per definire la politica monetaria durante la grande crisi, ha forse il significato di renderla “ufficiale”.

Come ripetuto più volte in questi giorni, l’ammontare di easing monetario e fiscale erogato negli ultimi mesi dovrebbe produrre un rimbalzo congiunturale cinese nella seconda metà dell’anno.

L’iniezione di liquidità conseguente al taglio della riserva obbligatoria equivale, secondo i calcoli di più di una casa, a circa 700-750 miliardi di yuan (110-120 miliardi di dollari) sufficienti a controbilanciare il drenaggio conseguente al sostegno offerto alla divisa, una forma di tightening indesiderata.

Il quadro generale richiede un bel po’ di lavoro prima di cancellare i grossi danni fatti dal crollo sui grafici settimanali. E la probabilità di ulteriori scossoni nei prossimi giorni, non è trascurabile.

Ciò detto, diverse statistiche mostrano che la performance dei periodi che seguono fiammate di risk adversion come quella osservata (per alcuni aspetti peggiore del 2011) sono positive in percentuali superiori all’80% dei casi.


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