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Cyber security, Stati Uniti pronti alle sanzioni contro la Cina

Le prove di amicizia tra la Casa Bianca e la Cina possono spingersi fino a un certo punto. I segreti industriali e militari e i dati privati americani non si toccano. Per questo l’amministrazione Obama – mentre si prepara ad accogliere il presidente della Cina Xi Jinping per la sua prima visita di Stato a Washington – sta studiando un pacchetto di sanzioni economiche contro aziende e individui cinesi che abbiano tratto vantaggio dalle operazioni condotte dal governo di Pechino per sottrarre informazioni riservate dalle aziende americane. Secondo fonti confidenziali del Washington Post, il governo Usa prenderà nel giro di un paio di settimane la decisione se varare o no queste sanzioni.

L’ESCALATION DEL CYBER SPIONAGGIO

Le sanzioni economiche contro gli attacchi hacker della Cina segnerebbero una svolta nelle misure di contrasto del governo americano contro lo spionaggio industriale via web sponsorizzato da Pechino che, stando alle fonti uffiali Usa, ha già rubato di tutto, dai progetti degli impianti nucleari al codice sorgente dei motori di ricerca di Internet fino ai documenti confidenziali delle aziende dell’energia.

La Cina non è certo l’unico Paese che attacca via Internet le aziende Usa per carpirne i segreti, ma è sicuramente il più attivo: lo scorso mese, l’Fbi ha rivelato che i casi di spionaggio economico sono saliti del 53% nell’ultimo anno e che la Cina è stata responsabile della metà. “Le sanzioni manderebbero un chiaro segnale alla Cina: gli Stati Uniti cominciano a reagire seriamente”, ha commentato un funzionario americano. “Ed è anche un messaggio per le aziende americane: il governo vi difende”.

LA REAZIONE USA

L’eventuale varo di sanzioni economiche alla Cina sul cyber spionaggio industriale alla vigilia della visita ufficiale di Xi indica quanto l’amministrazione americana sia frustrata dagli incessanti furti via Internet dei dati delle aziende statunitensi.

Le sanzioni metterebbero in pratica l’ordine esecutivo firmato da Obama ad aprile che ha stabilito l’autorità per congelare beni e conti di individui e società coinvolti in attacchi hacker “distruttivi” e spionaggio commerciale nel cyber spazio e per vietare transazioni commerciali con queste persone e entità.

Il programma istituito da Obama dà al dipartimento del Tesoro il potere di colpire finanziariamente singoli individui, entità o gruppi che da paesi esteri conducono azioni di spionaggio industriale tramite Internet o sferrano distruttivi attacchi informatici. Gli autori di cyber attacchi o le cyber spie vengono inseriti nella lista degli obiettivi delle sanzioni americane.

La Casa Bianca non ha per ora commentato le indiscrezioni del Washington Post sulle eventuali sanzioni economiche alla Cina ma ha ricordato che l’ordine esecutivo chiarisce che, per essere passibile di sanzioni, l’azione criminale deve essere tale da mettere a rischio o danneggiare la sicurezza o l’economia dell’intera nazione e deve ricadere in una di queste quattro categorie: attaccare infrastrutture critiche (per esempio, la rete elettrica); mandare in tilt grandi reti di computer; rubare proprietà intellettuale o segreti industriali; trarre profitto dai segreti o dalla proprietà rubata.

I PRECEDENTI

A maggio 2014, l’amministrazione Obama aveva già adottato una misura decisa contro un’azione di cyber spionaggio formalmente accusando cinque ufficiali cinesi di aver hackerato aziende statunitensi dell’acciaio e dell’energia per fare spionaggio industriale. Le sanzioni ora inasprirebbero la reazione americana e, a detta degli esperti, andrebbero a completare un mix di azioni che hanno l’obiettivo di rendere il cyber spionaggio sempre meno “remunerativo”. “Le sanzioni unite ad altri strumenti, come le accuse formali, le azioni di intelligence e i contro-attacchi informatici, rendono gli attacchi hacker molto costosi e sempre meno convenienti”, dicono fonti della Casa Bianca.

Le sanzioni non sarebbero invece la risposta del governo Usa all’attacco hacker cinese ai database dell’Office of Personnel Management, che ha compromesso i dati personali e finanziari di oltre 22 milioni di impiegati (attuali o ex) del governo americano e di loro familiari. L’attacco è avvenuto nel 2014 ma è stato svelato solo quest’anno e sembra sia stato sferrato a scopi di pura intelligence e non a beneficio di imprese cinesi.

Tuttavia la gravità dell’attacco al database governativo ha convinto Washington a varare misure più severe contro il cyber spionaggio. Ha pesato anche lo studio annuale presentato a novembre 2014 da un comitato di esperti del Congresso sulla Cina (U.S.-China Economic and Security Review Commission), che ha chiesto al Parlamento americano di considerare misure più efficaci per punire il cyber spionaggio e il furto di segreti industriali a danno di imprese americane, avanzando l’ipotesi di sanzioni contro le aziende che dai questi furti traevano beneficio.

“Se non esiste ancora questa autorità, il Congresso faccia delle proposte per crearla e affrontare il problema”, indicava la Commissione (un organo di consulenza bipartisan che monitora le relazioni economiche e di sicurezza tra Usa e Cina), sottolineando che gli attacchi hacker dalla Cina sono “continui”. L’ordine esecutivo di aprile firmato da Obama e, forse, le prossime sanzioni economiche alla Cina per il cyber spionaggio industriale, sembrano aver dato risposta alle pressioni degli esperti.

LE TENSIONI USA-CINA

Le sanzioni comportano il rischio di scatenare la rappresaglia cinese, nota Jeffrey A. Bader, consulente principale di Obama sulle politiche in Asia dal 2009 al 2011; tuttavia, “Se un’azienda cinese trae vantaggio dalla proprietà intellettuale rubata da un’azienda americana, e le prove sono inconfutabili, allora azioni o sanzioni contro questa azienda cinese mi sembrano appropriate”.

E anche se alcuni temono che la Cina possa vendicarsi tagliando fuori le aziende Usa dai maggiori affari economici, è anche vero che le aziende Usa hanno giù un accesso limitato a mercati cinesi e gare pubbliche per il forte protezionismo di Pechino.

Che arrivino o no le sanzioni, la Casa Bianca non intende comunque usare il pugno duro con la Cina ma cercherà probabilmente di trovare un fragile equilibrio tra un atteggiamento severo e uno più conciliante.

Le tensioni Usa-Cina non mancano e Xi Jinping e Barack Obama avranno di che parlare nel loro incontro di Washington: anche le recenti svalutazioni dello yuan non sono piaciute agli americani, con un coro di critiche bipartisan alzatosi dai candidati alle presidenziali del 2016 tanto di parte Democratica che di parte Repubblicana, perché, come ha detto Donald Trump in un comizio in Michigan, la Cina vuole “cavare il sangue dagli Stati Uniti”, dando un vantaggio economico gigantesco alle proprie aziende rispetto a quelle americane.

Dalla visita di Xi a Washintgon, tuttavia, i media Usa non si attendono nessuna notizia che vada al di là del sontuoso menu della cena ufficiale. “Ci sono molte aree di cooperazione e altre dove persistono gravi preoccupazioni sul comportamento della Cina”, ha indicato una fonte della Casa Bianca. “Ne parleremo a viso aperto”.

Tra i punti di maggiore attrito c’è, per la Cina, la spinta di Obama alla firma della Trans-Pacific Partnership (TPP), il maxi-accordo commerciale tra 12 nazioni dell’Asia-Pacifico che esclude la Cina, mentre per gli Usa c’è la nota Asia Infrastructure Investment Bank sponsorizzata da Pechino e cui hanno contribuito diversi Paesi europei, Italia compresa.

Il cyber crime sarà la portata principale sul tavolo delle trattative, e qui Obama sarebbe pronto ad adottare la linea dura, ma su altri temi si troverà costretto a mantenere rapporti amichevoli perché la Cina resta, oltre che un importante partner commerciale, un alleato chiave su temi di scala globale: l’Iran e l’accordo sul nucleare, la lotta allo Stato Islamico e al terrorismo internazionale, il contrasto ai cambiamenti climatici, persino la lotta contro la diffusione del virus Ebola.



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