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Perché Netflix è uno spauracchio

La Borsa punisce severamente le aziende che non hanno prestazioni più che brillanti e sul cui futuro si staglia la nube inquietante di un rivoluzionario concorrente. Nei giorni scorsi a Wall Street i grandi gruppi della Tv americana hanno visto i loro titoli crollare a causa di risultati deludenti che hanno acuito il timore che i fornitori alternativi di Internet stiano distruggendo irrevocabilmente i vecchi modelli di business. Il nemico numero uno è Netflix, l’operatore dello streaming online che offre contenuti sempre più ricchi a prezzi molto concorrenziali – e che a ottobre aprirà anche in Italia.

LA GRANDE IMPLOSIONE DEI MEDIA

All’indomani della pubblicazione delle trimestrali cinque grandi gruppi americani del cavo e del broadcast (tra cui Viacom, 21st Century Fox e Walt Disney) hanno perso a Wall Street complessivamente 37 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato, tanto che gli analisti di Bernstein hanno parlato della “grande implosione dei media del 2015”. Mentre i concorrenti di Internet – Netflix, ma anche YouTube e altri provider – avanzano a passi da gigante, c’è ancora posto per i “vecchi” broadcaster e la tradizionale pay-Tv?

“La domanda è semplice”, dice Todd Juenger, analista di Bernstein. “Pensate che gli abbonati della pay-Tv diminuiranno lentamente o che il settore di disintegrerà di colpo e finirà nel caos?”

LA MINACCIA DEL CORD-CUTTING

“La rivoluzione digitale è ora dirompente e gli analisti temono un cambio di rotta definitivo nelle abitudini degli spettatori che distruggerà le fonti di guadagno di un’industria finora molto redditizia”, si legge su Business Insider.

“Internet offre più scelta agli spettatori: abbonamenti a Netflix, Hulu, Amazon video o a singoli canali come Hbo o Showtime, pacchetti molto snelli messi insieme da provider di nuova generazione, o video gratis su YouTube”.

Per l’industria la minaccia principale è il “cord cutting” (l’abbandono definitivo della pay-Tv a favore di Internet): al momento è modesto ma se il ritmo accelerasse distruggerebbe i modelli di business valsi finora. Gli investitori a Wall Street sono andati nel panico.

Disney – che possiede la rete broadcast Abc e diversi canali via cavo tra cui quello dedicato allo sport Espn – ha visto crollare il titolo del 9% dopo l’annuncio della trimestrale. “Gli investitori reagiscono a una crescente percezione di rischio”, ha osservato Brian Wieser, analista di Pivotal Research Group. “Le prospettive sono negative, gli investitori pensano che l’intero modello di business basato sui pacchetti in abbonamento si stia disgregando”.

Per Wieser questi timori sono esagerati, ma per i titoli delle aziende della Tv è stato un “bagno di sangue”: Viacom (la cui star Jon Stewart ha lasciato il programma di punta The Daily Show proprio la scorsa settimana) e 21st Century Fox, proprietarie di diversi canali su cavo, hanno subito entrambe un calo del 17% in due giorni; Time Warner, proprietaria di canali via cavo come Tbs e Tnt, ha perso il 10%.

“Il panico non è giustificato”, secondo Neil Macker di Morningstar. “Il cord-cutting preoccupa ma è anche vero che il 96% della fruizione dei programmi sportivi è live e questo difende i canali lineari”.

Anche secondo il Financial Times, l’avanzata di Netflix non significa ancora che stia avvenendo su vasta scala il temutissimo cord-cutting: un sondaggio di TDG ha rilevato che l’84% degli utenti di Netflix usa comunque anche la pay-Tv, contro l’87% di tre anni fa – l’abbandono non avviene in massa.

PUNTI INTERROGATIVI

Tuttavia il grande punto interrogativo per l’industria è quanto velocemente avverrà l’inevitabile cambiamento: uno studio di Deloitte indica che più della metà degli utenti americani vede film o programmi Tv tramite lo streaming su Internet; solo il 3% ha cancellato l’abbonamento alla pay-Tv nello scorso anno ma un altro 7% sta considerando di farlo. Inoltre se i canali sportivi rappresentano un punto di forza, altri programmi o canali (come quelli per bambini) sono visti come l’anello debole dei “pacchetti”, nota Morgan Stanley.

Per questo gli investitori sono particolarmente nervosi quando si tratta di Viacom, la più punita in Borsa la scorsa settimana: l’azienda possiede il canale Nickelodeon che trasmette programmi per bambini e ha molti utenti giovani, proprio quelli a cui la Tv interessa sempre meno. “L’audience giovane di Viacom è il suo tallone d’Achille”, conferma Daniel Salmon, analista di BMO Capital Markets, “insieme alla mancanza di importanti diritti sportivi. I nuovi pacchetti snelli potrebbero escludere molti dei suoi canali”.

In generale, l’età media di chi segue i quattro maggiori gruppi broadcast americani è 54 anni, 17 anni di più dell’americano medio. I giovani preferiscono i video su Internet: un terzo delle serie originali che consumano viene da piattaforme digitali, rivela comScore. E un Millennial (i 15-35enni) su sei non guarda quasi mai telefilm in Tv. Il pubblico del futuro vuole lo streaming con i programmi che si sceglie da sé, non i “bundle” preconfezionati della pay-Tv.

CALO DI RICAVI E AUDIENCE

Negli Stati Uniti, le aziende della televisione dipendono da due fonti di entrate: la pubblicità e le cosiddette “affiliate fees”, le tariffe pagate da altre società del cavo e del satellite per offrire i loro canali. Le entrate pubblicitarie sono in ripresa, ma tendono a spostarsi dalla Tv verso i nuovi player di Internet – non solo quelli del video come YouTube ma anche i social come Facebook. E la diminuzione dell’audience si traduce automaticamente in perdita di entrate pubblicitarie: per Viacom per esempio si tratta di un calo del 9% anno su anno nei tre mesi terminati a giugno.

Le affiliate fees sono una risorsa più stabile, almeno finché gli utenti pagano l’abbonamento alle Tv via cavo o satellite che trasmettono i canali dei grandi broadcaster. Ma se gli spettatori smettono di pagare i pacchetti di pay-Tv, che costano circa 80 dollari al mese, perché preferiscono Netflix, che costa 9 dollari al mese, questi ricavi automaticamente crollano.

Disney ha cercato di rassicurare gli investitori indicando che il suo canale di sport Espn ha subito solo un “modesto” calo di spettatori. Netflix, però, ha visto crescere la base di abbonati di quasi il 30% nel 2014 e oggi i suoi iscritti sono 41 milioni negli Usa e 63 milioni nel mondo, mentre gli spettatori della Tv tradizionale caleranno dello 0,9% all’anno fino al 2017, secondo PricewaterhouseCoopers. Charlie Ergen, presidente della società del satellite Dish Network, ha definito Netflix “il più potente aggregatore di contenuti che esista”.

IL FUTURO: PACCHETTI “SNELLI” 

Gli analisti prefigurano per il prossimo futuro uno scenario chiamato “skinny bundles”, ovvero dei pacchetti snelli in cui i consumatori scelgono solo alcuni canali premium che gradiscono. Questo rappresenta comunque una difficoltà per le entrate “affiliate” dei broadcaster e potrebbe decretare la fine dei canali che nessuno vuole vedere (come quelli per bambini), mentre altri sopravviverebbero a ogni sfida; Disney per esempio ha detto che il suo canale di sport Espn rimarrà un “must” anche nei bundle più “magri”.

Le nubi sulla crescita dei gruppi televisivi restano perché, come notano Bernstein, JPMorgan e Pivotal Research, sulla pubblicità c’è molto pessimismo: Internet ne attrarrà sempre di più a scapito dei gruppi tradizionali della Tv. Sui “pacchetti”, snelli o no che siano, c’è invece più ottimismo; inoltre i broadcaster – aziende come Abc, Fox, Nbc, Cbs e CW – stanno cercando di rinnovare le strategie investendo di più in programmi originali e produzioni americane. Qualcuno, come Disney, arriva a dichiarare che Netflix non è un nemico ma un alleato, perché può ritrasmettere i programmi delle emittenti tradizionali; Time Warner ha creato un canale pay stand-alone, Hbo, e Cbs ha lanciato al sua offerta streaming.

Ma queste aziende “sono retaggio di un’epoca in cui ai consumatori si dava poca scelta a prezzi molto alti. I consumatori americani odiano la loro cable company”, afferma scettico Rich Greenfield, analista di BTIG. Anche se i gruppi tradizionali cercano di reagire alla “minaccia Netflix”, “gli utenti affezionati al fornitore video multichannel di vecchia generazione” sono davvero pochi mentre l’attrattiva di Internet è sempre più forte.

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