Si rafforza la cooperazione militare tra Russia e Cina: dopo le esercitazioni navali di maggio nel Mar Mediterraneo, a fine mese è in programma una nuova esercitazione navale congiunta nella Baia di Pietro il Grande, il maggior golfo del Mar del Giappone, lungo la costa della regione russa di Primorski Krai. Si svolgerà dal 20 al 28 agosto e si concentrerà soprattutto sul miglioramento dell’interoperabilità tra le due Marine e sull’incremento del coordinamento strategico. Nome in codice dell’operazione, “Joint-Sea 2015-II”.
TUTTE LE ESERCITAZIONI
La fase I dell’operazione Joint Sea 2015 si è svolta a maggio con le esercitazioni militari congiunte di Cina e Russia nel Mar Mediterraneo: per la prima volta i due Paesi hanno svolto test militari insieme nelle acque a noi vicine. Alle operazioni hanno partecipato nove imbarcazioni russe e cinesi, comprese alcune navi usate dalla Cina nelle operazioni antipirateria di fronte alle coste somale.
A inizio giugno le operazioni militari congiunte si sono spostate nel Mar del Giappone: gli ufficiali del distretto orientale delle forze armate russe e della marina cinese si sono dati appuntamento alla pista d’atterraggio di Knevichi nell’aeroporto di Vladivostok, nell’estremo est della Russia, per svolgere una missione di ricognizione. Nel corso del sopralluogo sono state studiate le aree per lo sbarco delle truppe a Mys Klerk.
A luglio i due Paesi hanno annunciato la nuova serie di esercitazioni navali congiunte nel Mar del Giappone che si terrà alla fine di agosto, precedute da alcune manovre navali, già effettuate nel corso di luglio. Per la Marina cinese “si tratta del più grande dispiegamento di forza militare in esercitazioni congiunte con un partner straniero”, si legge in una nota di Pechino.
LE TENSIONI COL GIAPPONE
Il ministero della Difesa cinese ha sottolineato anche che le manovre militari con la Russia “non sono dirette contro una terza parte”, con evidente riferimento al Giappone e alle questioni aperte per la sovranità su alcune isole. L’avvicinamento tra Russia e Cina ha infatti l’evidente ragione di far sentire la forza dei propri muscoli mentre le tensioni restano alte proprio con il Giappone sia per questioni territoriali (Isole Senkaku) che per il controllo delle zone di influenza economica nel Mar cinese orientale. Anche la Russia ha le sue dispute col Giappone: il primo ministro russo Dmitri Medvedev ha di recente annunciato che Mosca accelererà la costruzione di strutture civili e militari sulle Isole Kurili che Mosca contende al Giappone.
“Lo scopo dell’esercitazione è consolidare l’alleanza e il coordinamento strategico a tutto tondo tra Cina e Russia e rafforzare la cooperazione pratica e amichevole tra le forze militari russe e cinesi”, ha cercato di rassicurare l’alto colonnello dell’Esercito popolare di liberazione Yang Yujun, portavoce del ministro della Difesa. Intenzione delle operazioni militari è anche aumentare la capacità di condurre in modo congiunto attività di difesa e di risposta alle minacce marittime alla sicurezza.
Ad agosto la Cina manderà sette navi della Marina e cinque velivoli; i russi faranno altrettanto.
IL RUOLO DELLE SANZIONI
A Tokyo e a Washington l’esercitazione sino-russa verrà letta con preoccupazione: Russia a Cina appaiono sempre più allineate su diverse questioni di politica estera.
Le relazioni tra i due Paesi hanno conosciuto fasi alterne, ma oggi Russia e Cina sono molto vicine sui temi della sicurezza e l’asse tra Mosca e Pechino si è definitivamente consolidato nel momento in cui si sono deteriorati i rapporti tra la Russia e l’Europa e gli Stati Uniti per la questione ucraina.
Non sorprende il fatto che le esercitazioni di giugno nel Mar del Giappone siano state avviate con due mesi d’anticipo rispetto all’iniziale tabella di marcia e all’indomani della conclusione dell’ultimo G7 in Germania, summit in cui Stati Uniti e Unione europea hanno ribadito la linea dura nei confronti di Mosca e la necessità di rispettare la sovranità dell’Ucraina nei suoi territori.
TUTTI GLI INTERESSI IN GIOCO
Ma se le sanzioni alla Russia hanno rappresentato un incentivo importante per Mosca per consolidare i legami militari e strategici con la Cina, gli interessi in gioco sono tanti e complessi. I due Paesi svolgono esercitazioni militari congiunte nel Pacifico già dal 2012; anche nel Mar Baltico e nel Mar Nero le forze militari di Russia e Cina si sono incontrate per delle esercitazioni.
Le operazioni nel Mediterraneo sono state organizzate dopo che gli Stati Uniti hanno rafforzato la loro collaborazione con gli alleati asiatici, in risposta alle rivendicazioni territoriali cinesi nelle acque del Pacifico. Le sanzioni seguite alla crisi ucraina hanno poi rafforzato le manovre della Russia per cercare alleati in Asia, Africa e America Latina.
Le operazioni nel Mediterraneo servono in generale a Cina e Russia a migliorare l’efficienza delle flotte e rafforzare la loro immagine di potenze navali ma l’interesse della Cina verso il Nord Africa e il Medio Oriente va oltre e si lega al progetto della cosiddetta “Nuova via della seta“.
CINA: UNO SBOCCO ALLA NUOVA VIA DELLA SETA
L’analista Magnus Nordenman ha fatto notare che il Mediterraneo è l’estremità occidentale del nuovo progetto cinese per collegare Pechino con i mercati di tutta l’Asia centrale, l’Europa e il Medio Oriente.
“La regione del Mediterraneo interessa molto la Cina in termini di sicurezza energetica e commercio”, spiega Nordenman. “Per garantire alla Nuova via della seta uno sbocco marittimo occidentale, le aziende cinesi hanno investito grandi risorse per la modernizzazione e l’espansione di diversi porti del Mediterraneo, tra cui quello del Pireo ad Atene. La vasta area del Mediterraneo, fino a toccare il Golfo Persico, è anche una fonte importante di risorse energetiche per la Cina, cruciali per alimentare le sue industrie e la sua modernizzazione”.
RUSSIA: SPOSTARE IL FRONTE DALL’EUROPA ALL’ASIA
L’interesse della Russia potrebbe essere un altro: per Peter Harris, assistente di Scienze politiche della Colorado State University, con questa “alleanza opportunistica” con la Cina Mosca vuole creare pressione sugli Stati Uniti nell’Estremo Oriente per ottenere un allentamento del controllo Usa sull’Europa Orientale, dove il braccio di ferro con la Nato è all’ordine del giorno. Per la Cina, d’altra parte, avere un alleato, per quanto non del tutto affidabile, in una zona dove gli americani hanno diversi accordi commerciali e di difesa, è un valido supporto in caso di dispute militarizzate e per estendere la propria influenza.
“Il rischio per gli Stati Uniti di una collaborazione militare tra Russia e Cina non sta nella possibile offensiva militare sino-russa, bensì nel fatto che un rafforzamento della cooperazione militare sino-russo li costringerebbe ad aumentare la presenza in Estremo oriente”, scrive Harris, “oppure ad accettare che la Pax Americana non si estende a quei territori dove è presente un credibile deterrente sino-russo”.
CATTIVE NOTIZIE PER L’AMERICA
L’asse sino-russo porta dunque gli americani a chiedersi se possono ancora mantenere saldo il dominio su un sistema internazionale sempre più “multipolare”, dove la super-potenza americana deve vedersela con altri influenti colossi. “Dovremmo fare di più per cercare l’amicizia con le altre super-potenze o la difesa del predominio militare è l’obiettivo primario da perseguire a ogni costo?”, si chiede Harris. “Anche se non è chiaro quanto vicini Russia e Cina possano diventare, questa cooperazione militare non può far piacere agli Stati Uniti”.
Secondo alcuni osservatori, il recente accordo con l’Iran sul nucleare potrebbe riavvicinare Stati Uniti e Russia (sul New York Times il presidente Barack Obama ha elogiato la cooperazione di Putin e si è detto speranzoso che questo sia l’inizio di una distensione dei rapporti tra i due Paesi), ma per gli osservatori americani le azioni della Russia in Ucraina, Georgia e su altri fronti caldi indicano che Mosca è ancora un avversario e non un alleato per Washington. Lo stesso vale per la Cina: gli Stati Uniti non possono gradire le sue prove di forza in Estremo oriente.
“Un avvicinamento significativo tra Russia e Cina è una cattiva notizia per l’America”, ribadisce Harris. “Anche se le flotte sino-russe non reggono il confronto con la Marina americana, almeno sulla carta, una concentrazione delle loro forze navali su teatri di ampiezza limitata – come il Mar del Giappone, o il Mar cinese orientale o meridionale – è quanto basta per rendere più complicato per Washington intervenire in caso di crisi diplomatica o disputa militare”. Anche in questo caso l’unione fa la forza e non è necessario che Pechino e Mosca siano sinceramente amici, ma solo che condividano specifici “interessi strategici”.