Il XXX Convegno dei Giovani Imprenditori di Confindustria torna a Capri dopo due anni di esilio (si fa per dire!) a Napoli.
Credo che celebrare il trentennale nell’isola azzurra, da sempre legata come un brand al prodotto a suo tempo voluto con la solita ferrea determinazione da Antonio D’Amato, sia doveroso e anche funzionale, per puntare a rilanciare l’attenzione nazionale su un’assise sempre affascinante ma un po’ meno sotto i riflettori mediatici nell’ultimo periodo.
Nulla contro Napoli (la mia città), ma luoghi più raccolti, in cui è più facile fare network, più attraenti e sicuri come Capri, sono ideali per eventi del genere.
La location conta. Per di più, nell’immaginario confindustriale Capri e il convegno sono uniti in felice simbiosi da una storia della dialettica tra potere economico e potere politico che proprio nell’isola ha trovato alcune delle sue tappe più eclatanti.
E vengo al secondo tassello da recuperare per dare nuova linfa al prestigioso appuntamento.
Il dinamico (e bravo) Presidente dei Giovani Imprenditori Marco Gay, innovativo senza mai cadere nel velleitarismo, dopo aver riportato il convegno a Capri, deve imprimere il suo timbro anche sui contenuti.
Viviamo svolte epocali, che dobbiamo sapere guidare senza lasciarcele scivolare addosso, perdendo ulteriori posizioni nelle classifiche della competitività. Sarebbe utile che dal convegno uscissero dunque poche proposte molto concrete su una politica di sviluppo del Paese che recuperasse un ruolo adeguato per il Mezzogiorno, in una visione integrata, diretta finalmente a superare le logiche dei due tempi e delle due Italie. Una grande direttrice di marcia è l’industria 4.0.
La digitalizzazione del manifatturiero equivale a un salto tecnologico di portata tale da favorire anche processi virtuosi di riequilibrio territoriale.
Puntare su ricerca e innovazione partendo da Sud non è una bestemmia. Basta dare un’occhiata al patrimonio di creatività e di intraprendenza imprenditoriale espresso da tanti giovani startupper meridionali. Ma queste risorse vanno valorizzate attraverso la riscoperta di una seria politica industriale e di un ecosistema in grado di farla attuare.
Ce l’hanno tutti i più grandi paesi industrializzati, in Italia è da anni evanescente, sia per inerzia politica, sia per qualche eccesso di liberismo ideologico da cui la stessa Confindustria di una ventina di anni fa non è stata immune.
E’ ora di superare questo handicap che tarpa le ali al Paese.
E’ ora di farlo cominciando dai Giovani, da Capri, dal Mezzogiorno.