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La Chiesa fra immigrazione ed Europa. La versione di Gotti Tedeschi

L’Europa, l’immigrazione, la Chiesa. Di questo e di molto altro parla, in una conversazione con Formiche.net, Ettore Gotti Tedeschi, economista e già presidente dello Ior.

Molti osservatori, anche su Formiche.net, hanno criticato la sconcertante mancanza di capacità di decisione a livello europeo. Quali sono le cause di questa inazione secondo lei?

Da più di venticinque anni, studiando il problema demografico e le sue conseguenze economiche, mi domando cosa pensa chi determina le scelte dei governi europei.

Si è anche risposto?

Quel che ho visto fino a ieri è un’Europa indifferente, e persino incosciente, verso il problema demografico. E oggi vedo un’Europa “costretta” ad accettare la soluzione immigrazione necessaria a compensare il gap demografico e gli effetti economici ineluttabili dopo la crisi economica irrisolvibile.

Dove ha sbagliato il Vecchio Continente?

L’Europa si è rifiutata di diagnosticare le vere ragioni della crisi economica e ha, negli ultimi sette anni, fatto prognosi errate e cercato soluzioni per la ripresa non sostenibili, persino contraddittorie e conflittuali al suo interno. C’è una parte di Europa che appare arrogantemente consapevole della sua leadership ed una parte di Europa invece sempre più demoralizzata e sfiduciata sulle capacità della propria classe dirigente di andare oltre a fare promesse non mantenibili e ora persino offensive l’intelligenza dei governati che ormai si sentono espropriati di ogni potere e si sentono oppressi da decisioni economiche e morali che non riconoscono e capiscono.

A quali decisioni fa riferimento?

La classe dirigente appare esser sempre più “cooptata”, quale garante di politiche che assicurino il controllo economico e l’uniformita’ di leggi morali, più che bene comune. È sospettabile che i governanti europei, prima piuttosto cinici ed ora (per incanto) “solidali ed umanitari” verso il fenomeno immigrazione, si siano convinti di risolvere la crisi facendo crescere la popolazione, senza far figli, bensì “importandoli”.

Alcuni imputano queste scelte all’assenza di una Europa politica.

Certo l’Europa non ha una guida che dimostri una ricerca di bene comune europeo, bensì piuttosto la ricerca di una affermazione fine a se stessa di leadership, tanto che si comincia ad avere persino dei dubbi sulla reale indipendenza di questa leadership da altre ben superiori e potenti. Ma ciò non vale solo in materia economica quanto politica e morale soprattutto. Io credo che l’Europa non si possa realizzare senza una guida morale. Sento già le risate ironiche.

Restiamo sull’economia. Troppo dirigismo in Europa?

Limitarsi a cercar di risolvere centralmente i problemi economici non solo non basta, ma produrrà altri problemi. Vede, le economie dei Paesi europei non sono omogenee, sono diverse e sono state aggredite dalla crisi in modo diverso. Le soluzioni sono soggettive e legate alla possibilità e capacità di gestire i propri vantaggi competitivi, differenti da Paese a Paese.

Che fare allora?

Mi pare evidente che se un Paese in crisi non è messo in condizione di operare sui propri vantaggi nel modo adeguato, ma è obbligato da criteri rigidi che limitano questo esercizio, non risolverà la crisi. Gli “impegni”, corretti vent’anni fa, ma costringenti oggi, vanno adattati ai tempi. Se ciò non si realizzasse sempre più, e sempre da più parti, si confermerebbe l’impressione che l’euro è stato concepito quale pretesto per centralizzare il potere in Europa e la crisi irrisolta in atto potrebbe accelerare ancor più questa soluzione, grazie anche a governanti cooptati e garanti. È evidente che la crisi ha modificato ogni presupposto di valorizzazione dell’Europa nel suo insieme.

Come si comporterà secondo lei l’Ue davanti a questa crisi epocale?

A questo punto gli organi centrali europei sono quasi costretti a imporre regole, di per sé insostenibili (si pensi al Fiscal compact), eppure difese da chi ha responsabilità della gestione di un singolo Paese, pena l’espulsione dal cono di luce che li ha portati a governare.

Ma gli effetti visibili più significativi di questa situazione quali sono?

Mi preoccupa pensare che il fenomeno migrazione possa esser gestito di fatto (dichiarazioni di solidarietà a parte) in quest’ottica economica. Il processo di immigrazione mirante a correggere gli effetti di denatalità europea, sarà soprattutto più difficilmente gestibile dai Paesi che non avendo un passato colonialista son meno abituati al fenomeno di migrazione. Ma quello che anche mi preoccupa è un possibile indebolimento del ruolo della Autorità Morale (la Chiesa) che si vorrebbe si occupasse meno di evangelizzazione e più di problemi materiali, laicizzando il suo magistero.

Vede differenze quindi tra il papato di Bergoglio e quello dei due precedenti?

Vorrei ricordare che la Chiesa, attraverso due Papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, aveva una strategia nei confronti dell’Europa: ricristianizzarla. Se questa strategia non venisse riconfermata e prevalesse invece una visione ecumenica e di laicizzazione della Chiesa, naturalmente per rispetto verso le culture laiche, laiciste e di altre religioni, gli effetti di questa scelta potrebbero esser devastanti.

Ma perché ciò dovrebbe avvenire?

Vede, a parte l’intimidazione tradizionale degli ambienti “laici” (che negli ultimi tempi si è convertita in suggerimenti non richiesti ed approvazioni non giustificate), oggi si percepisce un sentimento di pericolo di una terza guerra mondiale, voluto, si spiega, dal terrorismo, che implica la necessità impellente di evitare fondamentalismi religiosi e concentrarsi invece su fruttuosi dialoghi ecumenici ben più opportuni in società già multietniche e pluraliste.

Sbaglio o non concorda con questa impostazione?

Un supposto settarismo e un supposto fondamentalismo dogmatico, possono venir considerati pericoli superiori persino alla laicizzazione e alla sottovalutazione degli effetti del confronto con veri fondamentalismi, potenzialmente conflittuali, che sembrano esser invece accolti e incoraggiati. Ma come si può pensare di accomunare un gruppo di popoli disomogeneo se non condividendo con loro il perseguimento di un bene comune? E come si può conciliare questo se non su valori condivisi? Cosa potrà integrare realmente le persone, individui con una dignità di creature di Dio, se non una visione comune di cosa è libertà, cosa è ragione, cosa è dignità umana? Non si penserà realmente che ciò possa avvenire grazie all’ambientalismo gnostico, vero?

Come secondo lei è salvabile il progetto Europa?

Insisto nella provocazione che creerà ilarità e pure sdegno, ma credo che le vera possibilità del progetto europeo stava in quello di re-cristianizzazione previsto da Benedetto XVI, centrato sul rafforzamento dei valori comuni nel continente. Oggi si direbbe che questo progetto sia stato messo da parte sostituendolo con un confuso progetto immigrazione che rafforza la esigenza di multiculturalità e multireligiosità. Penso che invece di pensare alla re-cristianizzazione dell’Europa sia più probabile che si possa pensare, per esempio, alla laicizzazione dell’Africa.

Ciò cosa comporterebbe?

In tal modo l’unico valore che dovrebbe accomunare il mondo globale sarà la protezione dell’ambiente. Non sarà più la visione antropologica sulla dignità dell’uomo, non sarà più la visione sul senso della vita, sarà un rispetto religioso della madre terra. È evidente che senza veri valori comuni l’Europa rischi di diventare una unione di Stati (tipo ex Unione Sovietica) costretti a coesistere. Ma una Europa che si vergogna dei suoi valori, che li rinnega e persino li combatte, non sarà mai nulla. Se i valori comuni su cui si vuole unire l’Europa sono quelli delle leggi cosiddette etiche, imposte, sarà peggio.

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