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La Cina piange, l’Europa dorme

Non sono un economista e rispetto la “nobile arte” degli economisti, sebbene talvolta ho il dubbio – come ha osservato qualcuno – che essi siano infallibili solo quando prevedono il passato. In ogni caso, sono obbligato ad affidarmi ai loro studi e ai loro calcoli per cercare di capire cosa sta succedendo in Cina e nel mercato mondiale. Da questo punto di vista, se il mio plauso non pare troppo interessato e troppo zuccheroso, Formiche.net ha il merito di aver ospitato articoli sull’argomento che non ho letto nemmeno sui quotidiani nazionali più accreditati. Valgano, solo per citare due nomi, le analisi di Stefano Cingolani e di Antonio Talia.

Detto questo, mi pare evidente che – al netto delle odierne singolarità tecniche – la crisi scoppiata nel 2008 è ben lontana dall’essere solo un episodio della “distruzione creatrice” di schumpeteriana memoria . L’incubo continua, e politicamente il caos di questi mesi continua a ricordare la grande depressione degli anni Trenta del secolo scorso.

Beninteso, le similitudini storiche hanno sempre un che di arbitrario. Pensiamo tuttavia alla nostra Europa, così fragile e così sonnacchiosa. Democrazie impotenti di fronte alle tempeste della globalizzazione economica, masse impaurite, movimenti populisti a caccia di untori (allora gli ebrei, adesso gli immigrati), capaci di ricattare elettoralmente i governi. Seguirono le tragedie del totalitarismo e della guerra.

Che cosa possa succedere nel prossimo futuro, è assai arduo pronosticarlo. Ma è innegabile che le democrazie parlamentari sono sempre più stressate da una globalizzazione senza briglie, che tritura la sfera della sovranità statuale. I rischi che corre la democrazia sono dunque seri. Da questa crisi possono nascere nuovi autoritarismi o, se si preferisce, nuovi “dispotismi democratici” (l’espressione è di Alexis de Tocqueville). In Europa qualche avvisaglia già c’è, e anche da noi ai Salvini di turno già da tempo prudono le mani.

Una professione di pessimismo esagerata, la mia? Può darsi, ma – per riprendere un aforisma di Giovanni Sartori – il pessimismo è pericoloso solo se induce alla resa; altrimenti il male lo fanno solo l’ottimismo e il tranquillismo che inducono a non far niente. Inoltre, è difficile fare professione di ottimismo se quello che viene considerato uno dei sistemi politici più efficienti grazie a una dittatura inflessibile, e cioè quella Cina che si permetteva di bacchettare la cicala americana, si sta rivelando come un gigante dai piedi d’argilla.


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