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Libia, cosa si può (e si deve) fare. Parla l’ex ministro Mauro

La Libia, gli sbarchi, l’immigrazione e gli affondi di monsignor Nunzio Galantino. Di questo e di molto altro ha parlato Mario Mauro, ex ministro della Difesa nel governo Letta, con Formiche.net, nei giorni in cui un’altra tragedia del mare: circa 40 morti al largo della Libia e oltre 300 persone salvate dalla Marina.

È possibile individuare i punti da dove partono i barconi?

Nel corso dei primi giorni dell’operazione Mare Nostrum il punto di partenza delle navi cariche di migranti, era l’Egitto e in particolare Alessandria d’Egitto, il traffico di esseri umani veniva fatto con grosse navi e i malcapitati venivano “scaricati” in mare aperto; infatti la Marina Militare in quel periodo ha utilizzato addirittura i sottomarini per seguire le tracce del traffico di esseri umani. Successivamente invece con la caduta di Mohamed Morsi è diminuito il traffico di esseri umani dall’Egitto ed è aumentato l’imbarco dalle coste libiche, a causa della destabilizzazione politica del Paese, della mancanza di un Governo in grado di controllare il territorio, e dell’arrivo dell’ISIS.

Quali misure furono deciso dal governo Letta con l’ex governo libico?

Il governo Letta aveva fatto accordi con l’allora governo libico per addestrare in Italia, il personale militare facente parte dell’esercito nazionale libico, in modo da creare personale specializzato per il controllo delle coste, con l’obiettivo di bloccare il traffico di esseri umani.

Cosa si deve e si può fare in Libia?

Intanto abbiamo il dovere di interloquire con il governo riconosciuto dalla Comunità internazionale e cercare di favorire il negoziato tra il governo libico e gli altri interlocutori (le altre tribù) eccetto l’ISIS ovviamente. Rimango inoltre del parere che si debbano fare operazioni di terra della Nato più Paesi UE per scovare i covi di trafficanti e distruggere i barconi verificando prima che non ci sia nessuno a bordo. A questo proposito mi viene in mente “l’operazione Atlanta” fatta contro la pirateria in Somalia, in quel caso sono state fatte operazioni di terra e sono stati colpiti i trafficanti e le navi. In sostanza bisogna intervenire sulle cause e non solo sugli effetti, fermo restando che l’unica cosa che possiamo fare è accoglierli.

Quali iniziative può decidere la comunità internazionale?

Tutti aspettano l’ONU, ma la comunità internazionale si aspetta la leadership italiana, se c’è capacità di leadership l’Europa si attiverà. Dovremmo fare come ha fatto la Francia in Mali, si è attivata con operazioni di terra e poi piano piano è riuscita a coinvolgere tutta la Comunità internazionale. Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di un coinvolgimento dell’Europa a carattere militare, non basta il sostegno economico dell’UE, i soldi non sono una soluzione perché il rischio è che se non sono ben utilizzati rischiano di far dimenticare lo scopo vero e cioè la sicurezza sul piano generale dell’area mediterranea. E la Russia ha un ruolo chiave per la stabilizzazione dell’area, è importante che l’Italia si adoperi per portare equilibrio nei rapporti UE-Russia.

Ritiene che le risorse stanziate dalla Ue per far fronte all’emergenza immigrazione siano adeguate?

La questione dei “soldi” stanziati dalla UE va incrociato con la qualità politica degli accordi stipulati di recente dal governo italiano, ancora forte della delusione per un meccanismo di distribuzione dei richiedenti asilo che sembra rivelarsi non solo insufficiente ma addirittura controproducente. Di recente, infatti, c’è stato chiesto di riprenderci 12.000 persone che avevano varcato i confini del nostro Paese, a testimonianza che quell’accordo serve più per controllare la validità dell’operato dell’Italia, che non per aiutarla. Rimane comunque il fatto che è un messaggio sbagliato far credere all’opinione pubblica europea che noi chiediamo innanzitutto soldi, perché lasceremo l’impressione come Paese di voler trasformare le ricadute del fenomeno migratorio in un business. L’Italia deve garantire i diritti dei richiedenti asilo, difendere la sicurezza e il principio di legalità all’interno dei propri confini.

Torniamo all’attualità. Monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, ha dichiarato che “Il Governo è assente sul tema immigrazione”, anche se poi c’è stata una smentita/precisazione di Famiglia Cristiana. Restano comunque di fatto i rilievi oltre alle critiche indirette a Beppe Grillo e a Matteo Salvini.

Gli occhi con cui si guarda alla dichiarazione di Mons. Galantino, piuttosto che del Papa, non possono essere gli occhi della politica. Sono convinto che la loro unica preoccupazione è l’annuncio del Vangelo, ed è chiaro che da questo punto di vista non possono fare sconti a nessuno. Questo governo mi sembra così preoccupato di essere associato a notizie positive da essere scomparso sul versante della gestione delle emergenze. Mi sembra che la logica che lo sorregge sia quella di annunciare una riforma, ogni volta che c’è una brutta notizia. Volendo usare un linguaggio calcistico, è un governo che continua a buttare la palla in tribuna per paura di prendere goal.


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