Pubblichiamo il testo dell’intervento tenuto ieri al Meeting di Rimini da Francesco Confuorti, presidente di Advantage Financial (investment company che opera nel corporate, institutional e private banking)
Le cooperative sono nate come società a scopo mutualistico, differenti dalle società a fini di lucro. Sono infatti volte alla gestione di servizi a favore dei propri soci. Questi sono i destinatari elettivi, ma non esclusivi, di beni e servizi messi loro a disposizione a condizioni più favorevoli rispetto a quelle di mercato. E’ tuttavia possibile, come accade di frequente, che la società cooperativa operi di fatto come un’impresa commerciale, quindi con fini di lucro, nei confronti di terzi.
Lo scopo mutualistico trascende l’interesse dei singoli che compongono l’ente che lo persegue. Tuttavia, questo stesso scopo mutualistico può assumere intensità maggiore o minore a seconda che l’attività venga svolta nei soli confronti dei soci (cooperazione pura) o sia estesa anche verso terzi (cooperazione spuria).
Considerata l’importanza economica delle cooperative, occorre svolgere qualche considerazione sulle loro modalità di finanziamento.
La disciplina delle società di capitali (spa e Srl) si applica anche alle cooperative, laddove le due forme abbiano elementi di compatibilità, a patto che siano soddisfatti alcuni requisiti (cooperative con più di 19 soci, attivo patrimoniale di più di 1 milione di Euro, etc..), e previo un giudizio preventivo positivo ad hoc sulla effettiva compatibilità con le caratteristiche e peculiarità della forma cooperativa.
L’applicabilità di questa disciplina comporta sostanzialmente la possibilità di emissione di strumenti finanziari di finanziamento, la scelta della governance, il diritto di controllo da parte dei soci. Fermandosi al primo punto (emissione di strumenti finanziari) la disciplina delle società per azioni consente l’emissione di strumenti privi di diritti amministrativi e riservati a soli investitori qualificati. In sostanza si tratta di strumenti in tutto e per tutto assimilabili alle obbligazioni. Questo nuovo mercato si è aperto, sebbene timidamente, con l’emanazione del Decreto Sviluppo del 2012 che ha sancito per i più la nascita dei cosiddetti “minibond” anche se, in realtà, non ha fatto che ampliare la platea di utilizzo dello strumento obbligazionario e assimilarlo ad un pubblico di imprese assai vasto.
Tuttavia, in considerazione della dimensione tipica della società cooperativa, piccola – media, lo strumento tipico di finanziamento resta quello del prestito sociale, le cui caratteristiche vanno individuate: primo, nel fatto che le somme raccolte non rappresentano per i soci cooperatori un investimento in capitale di rischio e, secondo, di godere di un regime fiscale agevolato , scontando una tassazione definitiva a titolo d’imposta, degli interessi pagati ai soci persone fisiche.
Il prestito sociale prevede l’esistenza di un Regolamento, e di limiti quantitativi per le società cooperative con oltre 500 soci per le quali l’importo raccolto non dovrà superare di tre volte il patrimonio.
Esistono infine tutta una serie di finanziamenti agevolati previsti per il mondo cooperativo principalmente a livello regionale. Tuttavia non va scordato che con il DM 4/12/2014 è stato previsto un finanziamento agevolato a livello nazionale per le società cooperative di piccole e medie dimensioni partecipate da SOFICOOP e CFI (società finanziarie che fanno capo al Ministero dello Sviluppo Economico), con l’obiettivo di sostenere la nascita su tutto il territorio nazionale di cooperative costituite prevalentemente da lavoratori provenienti da imprese in crisi e, limitatamente al Mezzogiorno, lo sviluppo o la ristrutturazione di cooperative già esistenti.
Il ricorso al mercato dei capitali si presenta ancora un opzione effettivamente percorribile solo per le aziende maggiori o connotate da un brand molto riconoscibile. Il mercato delle obbligazioni societarie e quello dei minibond, presentano dinamiche differenti sebbene si tenda spesso a considerarli come un unico. L’aspetto di maggiore rilievo è sicuramente una bassa liquidità di questi mercati, come mostra ad esempio il segmento Extramot pro di Borsa italiana, dove questi strumenti sono per lo più quotati. Gli esempi ad oggi di società cooperative che hanno ricercato una quotazione sono pochi e hanno avuto una dinamica a volte accidentata, come nei casi di Manutencoop e FILCA.
L’approccio al mercato richiede una decisione consapevole e matura. Scelte effettuate senza queste premesse sono sempre foriere di risultati non in linea con le aspettative, ma che, soprattutto, possono compromettere le condizioni alle quali altri potenziali emittenti avrebbero accesso.
La realtà del mondo cooperativo è molto variegata ed è quindi difficile fare delle considerazioni generali valide per tutti. Quello che si può affermare è che per le cooperative medio-grandi e grandi la prospettiva di un ricorso al mercato dei capitali rappresenta un’alternativa in linea di principio disponibile. Va tuttavia sottolineato che la presenza di un principio mutualistico dominante, e di modelli di governance abbastanza complicati a volte tendono ad allontanare la società cooperativa dai più tradizionali standard di società commerciali di capitale, votate per definizione al fine di lucro, che gli investitori istituzionali sono abituati a valutare. E’ forse questo l’aspetto più importante: trovare un linguaggio comune per poter stabilire un dialogo costruttivo riducendo quanto più possibile i rischi di incomprensione o conflitto con degli interlocutori completamente nuovi. Se ciò è vero, ecco l’importanza di trovare dei professionisti capaci di accompagnare e guidare il potenziale emittente lungo tutto il percorso fino all’effettiva raccolta di fondi.
A tendere, occorre persistere nello spingere le cooperative lungo un periodo di transizione, idealmente di una decina d’anni, che le porti alla fine a poter ricorrere a finanziamenti di mercato alla pari con le società di capitale, e ad adeguare la propria struttura e i propri principi che dia al mercato un peso più rilevante rispetto al dominante principio mutualistico attuale. Vi sono realtà come le mutuelles francesi che hanno già preso con successo questa strada. Un simile percorso anche in Italia è già stato imboccato dalle banche popolari. Ovviamente questo richiederà, come nel caso delle popolare, una normalizzazione fiscale. Un metodo di finanziamento che potrebbe avere un ruolo rilevante in questa transizione è quello dei certificati di partecipazione agli utili. Questa transizione è fondamentale soprattutto se si desidera che queste realtà, oggi troppo piccole e frammentate, possano in futuro fondersi e rappresentare in modo più adeguato segmenti produttivi dinamici dell’economia italiana.