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Perché i mercati globali sono inquieti

Giornata davvero pesante sui mercati globali, per motivi non del tutto chiari, nonostante l’abbondanza di catalyst.

Un brutto dato di trade balance giapponese per luglio (268 bln di deficit contro 53 attesi) ha impattato significativamente su un mercato che già doveva fare i conti con il crollo cinese di ieri, occorso in larga parte dopo la chiusura del Nikkei. Oltretutto, Shanghai ha prodotto un’altra prima parte di seduta da brivido, toccando il -5% prima di recuperare nel finale, tornando in positivo coi ormai giapponesi abbondantemente a casa.

Il resto dell’area continua a soffrire pesantemente le convulsioni dei mercati cinesi, e cosi solo Sydney e Mumbay hanno mostrato progressi, mentre i concorrenti diretti (Seul e Taiwan) restano in profondo rosso, insieme ad Hong Kong. In generale timori sullo scenario macro dell’area continuano a tenere in scacco i mercati, e le divise locali.

Alla luce del citato rimbalzo di Shanghai, è difficile capire come mai l’Europa ha aperto così pesante. I futures hanno esordito con perdite superiori all’1% per poi mettere a segno un modesto e incerto recupero in mattinata. Scarso l’effetto sul cambio, che forse ha risentito della pubblicazione delle minute FOMC stasera, visto il recente diffondersi della convinzione che la FED potrebbe agire a settembre, nonostante oil, yuan etc.

Abbastanza tranquilli anche i tassi. Tra l’altro, il Parlamento tedesco ha approvato a larghissima maggioranza il nuovo programma (454 su 585) e la temuta rivolta nella CDU non si è verificata (il dissenso è cresciuto di solo 3 parlamentari, rispetto al voto di luglio).

Certo, non vi erano dati macro in grado di smentire (o confermare) i crescenti timori di rallentamento macro che circolano in Eurozone, dopo la pubblicazione dei GDP del secondo trimestre, e alla luce del comportamento delle commodities. Su questo argomento avremo imput rilevanti venerdi, con la pubblicazione dei PMI flash.

Nel primo pomeriggio, il CPI US di luglio, marginalmente sotto attese, ha prodotto un po’ di movimento. Il dato core, a sua volta marginalmente sotto stime, è stato sostenuto da forti aumenti nell’immobiliare (sfido che gli homebuilders US sono euforici) mentre utilities e trasporti hanno pesato. Peraltro, il progressivo prendere piede della teoria che la FED opterà per settembre per motivi che prescindono dallo scenario inflattivo è stata confermato, oltre che da Bullard, dalla modesta entità e durata dell’effetto del CPI su divisa, tassi e sentiment in generale.

Diverso è stato l’impatto della pubblicazione delle scorte di petrolio dell’ EIA, uscite alle 16.30 clamorosamente sopra attese (+2.6 milioni di barili contro attesa di un calo di 800.000). Il greggio è arrivato a perdere oltre il 4% trascinandosi dietro il paniere commodities CRB, giunto ai minimi dal 2002. Lo shock è riverberato sui mercati, alimentando la risk adversion e trasformando la discesa in una rotta.

Le catene di trasmissione della volatilità sono molteplici, dal var shock, all’impatto sul settore energy e sui paesi produttori, al rinfocolarsi di timori di deflazione, già alimentati a torto o ragione dalla mossa cinese sui cambi (tra l’altro l’IMF ha rimandato l’inclusione dello Yuan nel paniere degli SDR all’anno prossimo). E poi c’è la lettura “recessionaria del calo delle materie prime (scendono perchè l’economia globale rallenta).

Ovviamente, preso nel recente gorgo di pessimismo, il mercato dimentica quanto una discesa del petrolio, principalmente dovuta ad un eccesso di offerta, sia positiva per i redditi, i consumi e i margini nel medio periodo (vedi pezzo di ieri).

Le minute del FOMC del 28-29 luglio, appena pubblicate, sembrano sconfessare la teoria di un rialzo a settembre. La maggioranza dei partecipanti segnala che le condizioni per una mossa non ci sono, e molti hanno espresso preoccupazione per la situazione cinese. Rebus sic stantibus, è difficile che le condizioni si presentino nel giro di un mese. Ovviamente la situazione può migliorare, e Cina e commodities possono stabilizzarsi, ma non sembra che il mercato al momento abbracci questa ipotesi.

Cosi il dollaro ha battuto in ritirata, i tassi sono scesi, ma l’azionario ha ottenuto fin qui solo un moderato sollievo.

Speriamo che questo agosto finisca presto.


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