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Perché l’immigrazione è anche un buon investimento per l’Italia

migranti confini

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Tino Oldani apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

I flussi migratori verso l’Europa terranno banco ancora per anni nel dibattito politico, e influenzeranno non poco le scelte elettorali dei popoli europei, sostituendo sempre più la divisione tra populisti e anti-populisti alla vecchia contrapposizione destra-sinistra. Una prospettiva che preoccupa tutti i governi europei, a cominciare da quello di Angela Merkel. Ne è prova il «decalogo tedesco» per un codice comune Ue sui migranti, firmato da due politici di primo piano del governo di Berlino, il vicecancelliere Sigmar Gabriel e il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmaier, entrambi socialdemocratici (Spd), pubblicato giorni fa dal Corriere della sera. Le riforme che vi sono proposte, nel segno della solidarietà ma non dello sbraco, fanno onore alla classe di governo tedesca. Un documento concreto, che indica precise misure da adottare in Europa, ed è cosa diversa dai tweet e dai soliti slogan elettorali che caratterizzano i comizi dei politici di casa nostra.

In Italia, ciò che finora è mancato nel dibattito sui migranti, soprattutto nell’area di governo, è uno studio serio dei flussi migratori a livello mondiale, con i numeri giusti per valutare anche i costi e i benefici per il nostro paese. Una lacuna grave, impensabile quando al governo c’erano i Nino Andreatta e non le Marianna Madia, un gap che consente ai populisti di spararle sempre più grosse, dagli immigrati che costano e ci fanno pagare più tasse, fino agli immigrati che rubano il lavoro agli italiani. Tutto vero? No, tutto falso. A dirlo, cifre alla mano, è una bella ricerca di Nicola Cacace, un economista di lungo corso (viaggia sull’ottantina), che ha sempre avuto il vezzo – lui di sinistra – di criticare le lacune culturali della sinistra. Fino a trovare insopportabile che il Pd di Matteo Renzi mandi nei talk show ministri e deputate impreparate e del tutto ignoranti sui dati fondamentali in materia di migrazioni, perciò incapaci di replicare alle invettive xenofobe di Salvini e Grillo.

I flussi migratori, spiega la ricerca, sono in crescita da decenni a livello mondiale. Gli ultimi dati Onu dimostrano come negli ultimi 23 anni (1990-2013) si è passati da 154 milioni di migranti nel 1990 ai 232 milioni attuali, pari al 3,2% della popolazione mondiale. Un flusso forte, ma gestibile. In Europa, a differenza di Paesi come Gran Bretagna e Francia, dove l’immigrazione è un fenomeno storico per il loro passato coloniale, Italia e Spagna hanno registrato forti ondate solo di recente. «In poco più di un decennio la Spagna è passata da 2 a 6,5 milioni di immigrati, e l’Italia nel decennio 2000-2010 da 1,5 a 5,2 milioni. E questo è successo per un motivo semplicissimo, il record mondiale di denatalità dei due Paesi: 1,3 figli per donna, contro 2,1 figli necessari per la stabilità demografica».

Più avanti: «L’Italia è quindi tra i paesi europei dove le immigrazioni, grazie alla forte denatalità, hanno avuto l’accelerazione più forte a partire dal 2000. E’ quello infatti l’anno in cui si sono cominciati ad avvertire gli effetti del calo dei nati, iniziato nel 1975, passati da un milione a mezzo milione l’anno. Quando i sessantenni hanno cominciato ad andare in pensione, per ogni 10 anziani che andavano in pensione c’erano solo 5 giovani nati 20 anni prima. Da qui è originato il boom delle immigrazioni nel decennio 2000-2010, ben 4 milioni, che in aggiunta al milione preesistente hanno portato alla cifra attuale di più di 5 milioni di stranieri, di cui 3 lavoratori e 2 familiari».

Questi 3 milioni di lavoratori immigrati fanno per lo più lavori rifiutati dagli italiani per fatica e bassi salari: colf, badanti, stagionali in agricoltura, pescatori, pastori, edilizia, fonderie, servizi di pulizia, pizzerie. «Molti settori continuano a vivere solo per la presenza di immigrati» sostiene Cacace. «Nessuno ha spiegato agli italiani che, come ha previsto l’Istat, l’Italia ha bisogno di almeno 200 mila immigrati l’anno per non chiudere bottega, e che milioni di pensionati riscuotono la pensione grazie anche ai 10 miliardi di contributi che gli stranieri versano all’Inps». Quanto alla presunta «invasione di africani» lamentata da Grillo e Salvini, solo il 20% dei migranti in arrivo dall’Africa si ferma in Italia: gli altri sono in transito verso il Nord Europa.

Il conto dei costi e dei benefici dei «nuovi italiani», basato sul Dossier Idos-Unar, alla fine è questo: «Rispetto ai 13,3 miliardi che i 3-4 milioni di lavoratori stranieri danno allo Stato per contributi previdenziali e tasse, ci sono 11,9 miliardi che lo Stato spende più per le politiche di contrasto all’immigrazione che per le politiche di integrazione. Almeno la metà di questi costi sono sostenuti dall’Europa. Senza contare il contributo al pil di 3 milioni di lavoratori, stimato prudentemente in almeno 50 miliardi». Insomma, «la presenza degli immigrati in molti i settori è tale che se improvvisamente domani partissero o scioperassero, l’Italia letteralmente fallirebbe». Una chiusa economica, che impone giudizi e scelte politiche appropriate, diverse da quelle viste finora, ma soprattutto spiegate meglio all’opinione pubblica. Ne riparleremo.



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