Pubblichiamo la lettera che il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ha inviato al quotidiano Corriere della Sera
Due interventi sulla tassazione del risparmio immobiliare (Alesina-Giavazzi e Reichlin-Surico) impongono un commento.
Primo punto, gli effetti provocati da un’imposizione patrimoniale quasi triplicata rispetto al 2011 (da 9 a 25 miliardi ogni anno). E’ curiosa la minimizzazione del crollo delle compravendite iniziato col primo anno di IMU e ancora in atto (al di là di crisi precedenti, dovute ad altre ragioni): 2012-2011 = – 24,5%; 2013-2011 = – 31,5%; 2014-2011 = – 30,4%. Crollo inevitabilmente accompagnato da una corrispondente caduta delle attività economiche collegate, ma anche da una contrazione dei consumi e da una crisi di fiducia dei proprietari, dovuta alla consapevolezza della perdita di valore dei beni sui quali facevano affidamento. Certi modelli teorici non vedono questi fenomeni, che invece esistono.
Più in generale, la tesi della minore nocività per la crescita delle imposte sugli immobili è contraddetta dalla tesi che – correttamente ritenendo gli immobili beni di investimento e non di consumo – non distingue fra tasse “buone” e tasse “cattive”. Senza considerare che le imposte immobiliari sono diverse da Paese a Paese e non necessariamente, come in Italia, a carico dei proprietari: le vere service taxes le pagano gli “utenti” degli immobili, come gli inquilini.
Da ultimo, la proposta Reichlin-Surico: aumentare le tasse su “case sfitte e di lusso”. A parte il concetto di lussuosità, da precisare, chiariamolo: le “case sfitte” sono quelle che non si riescono ad affittare né a vendere, visto che nessun proprietario tiene volontariamente sfitta una casa, per il gusto di pagare spese e tasse su un bene che non dà reddito. Ebbene, queste case, se sono nella città di residenza, sono colpite da 6 (sei) tributi, di solito con l’aliquota massima: Imu, Tasi, Tari, Irpef, addizionali regionale e comunale Irpef (negli altri casi, “solo” 3: Imu, Tasi e Tari).
Non è ancora abbastanza?