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Vincenzina, una vita distrutta comunque

Chissà che spavento, chissà che vertigine per Vincenzina. Non ne poteva più mischina di quel marito che si doveva tenere per il resto dei suoi giorni. In pensione pure, e dunque con l’ipotalamo del nullafacente tutto attivo su di lei.
Chissà che spavento, chissà che buio nel cuore, chissà che freddo alle mani e ai piedi mentre quel pomeriggio avrà ripassato tutto quello che aveva in mente di fare. Doveva dire basta. C’era stata l’ennesima lite futile. L’ennesima scorpacciata di insulti. Botte e umiliazioni. Nel posto che avrebbe dovuto essere il più sicuro: la propria casa. Dentro la sua tana, dalla persona cui si era legata per tutta la vita, Vincenzina non faceva che ricevere le peggiori violenze.
Bisognava finirla, dunque. Non c’è giustizia alcuna che tutela le donne come Vincenzina. Un conto è essere una quota rosa, una donna del popolo viola. Allora hai avvocati, hai tre case, hai altri uomini. Hai tutto quel cordone di protezione che ti permette di gestire la situazione. Ma è tutta un’altra storia se sei una Vincenzina qualunque. Non più giovane. Non ricca. Senza altre case dove scappare da quelle violenze. E, dunque, bisogna fare tutto da sé. Mettere fine a quella prassi.
Chissà che spavento. Chissà che incubo, chissà che vuoto allo stomaco quando con il bastone in mano ha dovuto sentire dentro le sue stesse ossa lo scricchiolare, lo sfarsi di quelle di quell’uomo che neanche il sonno di poche ore rendeva meno bestia. Che violenza perpetrare altre violenza. Sentire quell’odore di sangue raffermo dappertutto. Distruggere una vita distrutta. Non avrà plausi, né elogi Vincenzina. Finirà dentro. Chissà dentro un ospedale. La sua scelta libera, la sua ribellione finirà comunque dentro un vicolo cieco. Non ci saranno telecamere per lei. Non ci sarà nessuna Concita De Gregorio, nessuna Daria Bignardi ad aspettarla. Non ci sarà nessuna Camila Raznovich. Solo un silenzio assordante che la spegnerà piano piano peggio di quelle assurde botte domestiche.

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