In quest ore vengono condivise numerose foto in Facebook e in altri social-media. Sono le immagini delle tante bambine e dei tanti bambini morti annegati nella traversata dalle coste libiche a noi.
Le ho viste quelle foto e mi sono sentito davvero male. Il brivido che mi sta accompagnando non mi lascia, nemmeno ora che sto scrivendo. Ma mi rifiuto di condividerle nelle mie pagine o in questo blog. Perché?
So che in molti lo fanno con onestà e nella speranza, forse, che la diffusione di quelle immagini contribuisca a far cambiare idea a certa gente. Lo fanno, forse, nella speranza profonda che quelle immagini tocchino il cuore impietrito di chi oggi, con il fuoco dell’odio negli occhi e con la violenza delle parole, inneggia all’ideologia nazi-fascista, chiede vengano alzati muri, messi fili spinati, bruciati campi d’accoglienza. Che chiedono ai Governi di lasciar morire queste migliaia di persone disperate che vengono da noi per avere un’opportunità di vivere, solo questo: vivere!
La fiducia che nutro nel cuore di quelle persone è poca. Ho provato a confrontarmi con loro. Lo ho fatto dopo aver pubblicato un articolo su L’Unità, dedicato alla scelta della Cancelliera tedesca, Angela Merkel, di sospendere Dublino per accogliere i Siriani. Ma come si fa a ragionare con chi si dice nostalgico dei tempi del nazionalsocialismo (anche se è troppo giovane per aver vissuto quell’esperienza) o con chi applaude coloro che hanno picchiato stranieri e dato alle fiamme i centri d’accoglienza?
Mi rifiuto di condividere quelle immagini perché non sposteranno di un millimetro le loro opinioni e non smuoveranno ciò che non hanno: la coscienza. O l’anima.
Inoltre, credo anche che il condividere morbosamente foto così dolorose abbia anche un effetto opposto a quanto in molti ritengono. La condivisione massiccia di quelle immagini potrebbe anestetizzare le coscienze. C’è il concreto rischio che davanti a queste immagini la gente inizi a non avvertire più lo sconcerto, né l’orrore. Potrebbe accadere che uno vede le immagini, ci si abitua, sono le stesse che si vedono nella finzione dei film, forse meno cruente di quelle riportate in alcune serie televisive, o sono le solite cose che passano ogni giorno al telegiornale.
Ecco, mi rifiuto di accettare che quelle foto possano essere condivise con la stessa facilità con cui si condividono tutte le altre cose: cagnolini spensierati, compleanni, viaggi, frasi ad effetto di antichi pensatori. Mi rifiuto di contribuire, indirettamente, a rendere questa tragedia un altro semplice evento mediatico.
Provo solo sconcerto, dolore profondo per quelle numerose vite spezzate. Annegate in un viaggio che era la loro “possibilità” per vivere una vita diversa, ai loro occhi, nei loro cuori, migliore. Solo dolore. E silenzio.