Nel nostro cervello si ammassano molte informazioni ma ben poca conoscenza. Pensiamo di sapere ma non conosciamo e la realtà, come accade, ci ritorna addosso.
I tempi della conoscenza sono adatti alla comprensione che è un atto complesso, non solamente intellettuale; solo se comprendiamo possiamo governare. E questo distingue le classi dirigenti da coloro che chiamiamo “politici”.
Abbiamo l’ansia competitiva del fare, con tutta evidenza separata da un riflettere che è riflettersi nella realtà.
Le decisioni strategiche, quelle del governare, sono visioni, espressioni della capacità di guardare nell’oltre e nel profondo, nel complesso e nel contesto. Le dinamiche della storia sono profondamente interrelate e nulla di ciò che accade è separato dal resto.
Vedo il mondo di oggi come il luogo dello scontro fra certezze consolidate. Al fine di non lasciare vincere l’insicurezza, è venuto il tempo di riaccogliere l’incertezza, anzitutto in noi.
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