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Cari Renzi e Delrio, cosa si aspetta a rivedere le norme sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali?

delrio, appalti

La chiusura del Colosseo ai turisti a causa di un’assemblea sindacale, peraltro regolarmente comunicata agli uffici ministeriali, ha portato venerdì scorso all’approvazione di un decreto Legge da parte del Consiglio dei Ministri con cui si applicano ai Beni culturali le regole che disciplinano l’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali.

Del disagio provocato agli incolpevoli turisti non si può però far carico ai sindacati, che nella fattispecie hanno rispettato le regole in vigore, ma a un apparato burocratico ministeriale inadeguato che non è in grado di garantire un’informazione tempestiva a visitatori che pagano il biglietto. Per di più si potrebbe aggiungere che l’assemblea discuteva del mancato pagamento dello straordinario maturato nei mesi precedenti. Se così fosse non dovremmo un attimo riflettere su uno dei principi più importanti del diritto che per i romani era: “Inidadimplenti non est adimplendum”?

Fermo restando che i lavoratori debbono essere pagati puntualmente, la questione di  fondo risiede nel definire cosa sia un servizio pubblico essenziale. Il concetto è inevitabilmente molto ampio ma la discriminante non può che essere in un complesso di attività che vengono prestate direttamente a un singolo o a una collettività e che attengono i principali aspetti della vita, (sicurezza, cura e assistenza, istruzione, trasporto, informazione, telecomunicazioni, energia, raccolta e gestione dei rifiuti, ma anche fruizione dei beni culturali, adempimento di ogni tipo di pratica burocratica e quant’altro si volesse aggiungere).

In premessa dovrebbe essere sancito il principio che chiunque sia alle dirette dipendenze di un soggetto di natura pubblica svolge per definizione una servizio pubblico essenziale. Se ciò non fosse sarebbe opportuno che l’attività venisse affidata a una società, anche pubblica, ma di diritto privato. Nello stesso tempo tutti i soggetti imprenditoriali di natura privata, svolgenti funzioni che rivestono il carattere di servizi pubblici, sono tenuti (come già accade oggi) a rispettare le stesse regole.

La decisione assunta venerdì dal governo avrebbe già dovuto essere presa pochi mesi fa, all’indomani delle sconcertanti vicende di Pompei, quelle sì oggettivamente attribuibili alle responsabilità di alcuni sindacati. Meglio tardi che mai, anche se è auspicabile che questo provvedimento venga seguito da misure di valorizzazione del patrimonio archeologico, artistico e culturale che sappia coinvolgere i lavoratori del settore e da una accresciuta capacità di gestione e di comunicazione, anche utilizzando l’attività del volontariato che spesso viene vista con freddezza.

Ma in tema di applicazione dell’articolo 40 della Costituzione molto rimane da fare, in particolare deve ancora essere sciolto con chiarezza il nodo della natura e della titolarità del diritto di sciopero, che non può che appartenere ai lavoratori che lo esercitano attraverso modalità collettive.

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, aveva annunciato mesi fa un intervento all’indomani di uno dei tanti episodi nel trasporto che avevano procurato gravissimi disagi ai cittadini, poi non se ne è fatto nulla. Forse si aspetta un’altra clamorosa vicenda (senza il “morto”, metaforicamente ed auspicabilmente parlando, in questo paese non si decide mai nulla) oppure si preferisce seguire il corso parlamentare del progetto di legge  Ichino, che costituisce comunque una proposta organica e coerente di applicazione delle norme costituzionali.

Walter Galbusera



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