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Consigli e reprimende di Papa Francesco ai vescovi americani

C’è chi ha detto che il discorso tenuto dal Papa ai vescovi degli Stati Uniti ricorda per stile, toni e contenuti quello che fece ai presuli italiani, quando da poco era stato eletto al pontificato. Francesco, nella cattedrale di San Matteo a Washington, ha indicato la strada del cambiamento. Non più una Chiesa arroccata a difesa dei valori cosiddetti non negoziabili (espressione, questa, che a Bergoglio non è mai piaciuta), bensì una Chiesa in uscita e perennemente dialogante: “Il dialogo è il nostro metodo, non per astuta strategia”. “La via è pertanto il dialogo tra di voi, dialogo nei vostri presbiteri, dialogo con i laici, dialogo con le famiglie, dialogo con la società. Non mi stancherei di incoraggiarvi a dialogare senza paura”.

I MERITI DELLA CHIESA AMERICANA (BERGOGLIO DIXIT)

Il Papa ha riconosciuto l’impegno della Chiesa americana nei più svariati ambiti (educazione e carità comprese), ma ha anche avuto da ridire su quanti riducono il ruolo del vescovo a un fac simile di quello d’un manager aziendale: “Senz’altro è utile al vescovo possedere la lungimiranza del leader e la scaltrezza dell’amministratore, ma decadiamo inesorabilmente quando scambiamo la potenza della forza con la forza dell’impotenza. Al vescovo è necessaria la lucida percezione della battaglia tra la luce e le tenebre che si combatte in questo mondo. Guai a noi – ed è qui che Francesco ha alzato la voce – se facciamo della croce un vessillo di lotte mondane”.

“NON RIMPIANGETE UN TEMPO CHE NON TORNA”

Bergoglio non ha evitato di toccare i temi che più hanno portato i vescovi d’America a scontrarsi con le autorità governative, specie da quando alla Casa Bianca c’è l’Amministrazione democratica di Barack Obama: “So bene che numerose sono le vostre sfide, che è spesso ostile il campo nel quale seminate, e non poche sono le tentazioni di chiudersi nel recinto delle paure, a leccarsi le ferite, rimpiangendo un tempo che non torna e preparando risposte dure alle già aspre resistenze”. Anche perché – ed è qui un chiaro riferimento ai guerrieri culturali con croce pettorale che negli anni hanno portato in piazza la lotta (poi fallita, come dimostra la sentenza della Corte Suprema sulle nozze gay) – “il linguaggio aspro e bellicoso della divisione non si addice alle labbra del Pastore, non ha diritto di cittadinanza nel suo cuore e, benché sembri per un momento assicurare un’apparente egemonia, solo il fascino durevole della bontà e dell’amore resta veramente convincente”. Si tratta, insomma, di “imparare da Gesù; meglio ancora, imparare Gesù, mite e umile; entrare nella sua mitezza e nella sua umiltà mediante la contemplazione del suo agire”.

“I PASTORI DEVONO SAPER ARRETRARE, ABBASSARSI”

L’essenza dell’identità del vescovo, ha detto Francesco, “va cercata nell’assiduo pregare, nel predicare e nel pascere”. E non si tratta “di una preghiera qualsiasi, ma l’unione famigliare con Cristo”, né si tratta “di una predicazione di complesse dottrine”. I pastori non devono “pascere se stessi, ma saper arretrare, abbassarsi, decentrarsi, per nutrire di Cristo la famiglia di Dio”. La testimonianza, ha ricordato, “ha bisogno non soltanto di proclami e annunci esterni, ma anche di conquistare spazio nel cuore degli uomini e nella coscienza della società”.

LA VICENDA DEGLI ABUSI SESSUALI SUI MINORI

Il Papa non poteva fare a meno di ricordare la tragica esperienza dei preti pedofili; vicenda che ha portato decine di diocesi sull’orlo del fallimento finanziario. Preti spesso protetti da vescovi: “Sono consapevole del coraggio con cui avete affrontato momenti oscuri del vostro percorso ecclesiale senza temere autocritiche né risparmiare umiliazioni e sacrifici, senza cedere alla paura di spogliarsi di quanto è secondario pur di riacquistare l’autorevolezza e la fiducia richiesta ai ministri di Cristo, come desidera l’anima del vostro popolo”, ha scandito Francesco nella cattedrale della capitale statunitense. “So quanto ha pesato in voi la ferita degli ultimi anni, e ho accompagnato il vostro generoso impegno per guarire le vittime, consapevole che nel guarire siamo pur sempre guariti, e per continuare a operare affinché tali crimini non si ripetano mai più”.

“NON SONO QUI PER TRACCIARE PROGRAMMI”

Bergoglio, consapevole di indirizzare un discorso a una platea non entusiasta del nuovo corso a Santa Marta (a cominciare dalla battaglia climatica che mette in imbarazzo le tante diocesi che con le industrie dei carburanti fanno affari), ha premesso di non essere lì per “tracciare un programma o delineare una strategia”, aggiungendo: “Non sono venuto per giudicarvi o per impartirvi lezioni. Non mi sta a cuore dirvi cosa fare, perché sappiamo tutti quanto ci chiede il Signore. Preferisco piuttosto ritornare ancora su quella fatica – antica e sempre nuova – di domandarsi circa le strade da percorrere, sui sentimenti da conservare mentre si opera, sullo spirito con cui agire”.

I RISCHI DI DIVISIONE NELLA CHIESA

Il Papa ha ammonito sui rischi di divisioni nella Chiesa,  spiegando che “non può lasciarsi dividere, frazionare o contendere. La nostra missione episcopale è primariamente cementare l’unità, il cui contenuto è determinato dalla Parola di Dio e dall’unico Pane del Cielo, con cui ognuna delle Chiese a noi affidate resta Cattolica, perché aperta e in comunione con tutte le Chiese Particolari e con quella di Roma che ‘presiede nella carità’. È un imperativo, pertanto, vegliare per tale unità, custodirla, favorirla, testimoniarla come segno e strumento che, di là di ogni barriera, unisce nazioni, razze, classi, generazioni”.

“ACCOGLIETE I MIGRANTI”

Infine, un appello accorato all’accoglienza dei migranti: “Anche adesso nessuna istituzione americana fa di più per gli immigrati che le vostre comunità cristiane. Ora avete questa lunga ondata d’immigrazione latina che investe tante delle vostre diocesi. Non soltanto come vescovo di Roma, ma anche come pastore venuto dal sud, sento il bisogno di ringraziarvi e di incoraggiarvi. Forse non sarà facile per voi leggere la loro anima; forse sarete messi alla prova dalla loro diversità. Sappiate, comunque, che possiedono anche risorse da condividere. Perciò accoglieteli senza paura”.


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