L’amministratore delegato di Alitalia amico di Hogan e vicino ai Benetton si è dimesso. Ma in verità è stato silurato dagli azionisti esteri e italiani della compagnia.
LA NOTA DI ALITALIA
Silvano Cassano ha lasciato l’incarico di ad con effetto immediato. “Il Dott. Cassano, che cessa il suo mandato per motivi personali, ha formalmente comunicato le dimissioni al Consiglio di Amministrazione in data odierna”, si legge in una nota di Alitalia.
LA DICHIARAZIONE DI MONTEZEMOLO
“La società – ha detto il presidente Luca Cordero di Montezemolo – darà prossimamente comunicazioni sul nuovo Amministratore Delegato. Nel frattempo le competenze per la gestione ordinaria del business saranno ripartite ad interim tra il Chief Operations Officer di Alitalia, Giancarlo Schisano e il Chief Financial Officer, Duncan Naysmith, che riporteranno a me fino alla designazione del nuovo Amministratore Delegato”.
I PIANI E I CONTI
Cosa è successo ai vertici della compagnia aerea, dunque? Il nuovo e ambizioso piano industriale della compagnia varato con l’ingresso di Etihad prevede il «break even» nel 2017 ma, alla luce dell’attuale andamento dei conti, è un obiettivo che sembra ancora lontano, secondo gli osservatori del settore. Di qui lo scontento degli azionisti, che pare stiano premendo per una strategia più efficace, si legge sul Corriere della Sera. E Gianni Dragoni del Sole 24 Ore scrive di “forte insoddisfazione” per Cassano da parte di Hogan, il numero uno di Etihad e vicepresidente di Alitalia che, con il 49% del capitale, è il primo azionista singolo dell’Alitalia. Un ruolo non marginale, anzi, nella defenestrazione di Cassano è stato esercitato dal socio Unicredit.
LA FIGURA DI CASSANO
Cassano è approdato nel settore per la prima volta da pochi mesi: nominato ad di Alitalia il 5 settembre del 2014, ha assunto pienamente l’incarico dopo il closing dell’operazione tra Alitalia ed Etihad Airways avvenuto nel dicembre scorso. Era amico di Hogan e vicino ai Benetton, eppure ora – al di là delle comunicazioni ufficiali – è stato di fatto licenziato con l’ok sia dell’azionista Etihad, nella persona di James Hogan, e con il via libera dei Benetton, con cui ha lavora in passato. Il top manager ha cominciato la sua carriera in Hertz, dove ha conosciuto, e con cui ha lavorato, l’australiano Hogan, numero uno di Etihad e vicepresidente di Alitalia. Da Hertz alla Fiat, nel 2000, per poi passare a Benetton, Grandi Navi Veloci e infine l’Alitalia.
LO SFOGO DI CASSANO CONTRO ADR
Le tensioni con i Benetton si possono rintracciare nelle recenti parole che l’ex ad di Alitalia aveva riservato alla società Adr, presieduta da Fabrizio Palenzona, tra l’altro vicepresidente come Montezemolo di Unicredit, e uomo forte della galassia societaria della famiglia Benetton. “Alitalia – si leggeva in un comunicato di fine luglio – è l’unica compagnia aerea ad avere il proprio Hub a Fiumicino. Sono di Alitalia il 50% circa del totale dei voli dell’aeroporto. Alitalia è di gran lunga la compagnia più danneggiata dalle conseguenze dell’incendio”.
LE ACCUSE DELL’EX AD
“L’aeroporto di Fiumicino non è ancora un’infrastruttura adeguata a fungere da hub di una compagnia con le nostre ambizioni”, aveva criticato il capo azienda di Alitalia: “I problemi di Fiumicino nascono da anni e anni di investimenti e pianificazione inadeguati e sono ormai strutturali, auspichiamo meno attenzione alla finanza e più attenzione al mercato e alle esigenze dei passeggeri”. “Se Fiumicino continuerà a puntare su compagnie low cost e servizi mediocri, Alitalia sarà costretta a spostare la sua crescita altrove”. Una posizione che non sarebbe stata concordata con il presidente Montezemolo, secondo la ricostruzione del Messaggero.
LE REPLICHE DI ADR
Sorpresa e stupore in casa Adr dopo le parole di Cassano. “Basso profilo sugli 80 milioni che Adr, «non intende commentare» ma che in realtà vengono ritenuti una valutazione visionaria”, si leggeva in quei giorni sul Corriere della Sera. Secondo alcuni addetti ai lavori, citati in quei giorni anche dal Messaggero, “è possibile che Alitalia stia cercando di utilizzare il caso Fiumicino per mascherare alcune sue serie difficoltà operative e gestionali”.