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Come risponde la Chiesa all’appello di Bergoglio per profughi e migranti

All’Angelus domenicale il Papa ha chiamato i cattolici alla mobilitazione nei confronti dei profughi e chiede che “ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma”. Un appello in parte già accolto, visto che nelle strutture della Caritas da gennaio ad oggi sono passati almeno 20 mila migranti. E sulla stessa linea della Caritas, da inizio 2015, dopo alcune iniziali incertezze organizzative, si mossi diocesi e ordini che hanno aperto le loro porte a chi fugge da fame e guerre o a chi semplicemente aspira allo status di rifugiato.

L’ATTIVISMO DELLA CARITAS

Il presidente della CEI, il cardinale Angelo Bagnasco, ha detto che se ognuna delle oltre 27 mila parrocchie italiane ospitasse una famiglia di 4 persone, in Italia potrebbero essere accolti 108 mila stranieri. Le parrocchie di San Pietro e Sant’Anna in Vaticano si sono già mosse, aprendo le porte a due famiglie. E la Caritas, già da prima dell’estate, ha intensificato i propri sforzi soprattutto nelle regioni del Sud. Nonostante quello che dice Matteo Salvini della Lega, l’organizzazione fondata da Paolo VI rimane la prima a livello nazionale come capacità di dare ogni tipo di risposta, dall’alloggio al cibo, agli immigrati. E c’è da notare che spesso è difficile fare di più perché, secondo il responsabile immigrazione della Caritas Oliviero Forti, “molti seminari e conventi sono troppo vecchi e non riescono a soddisfare le normative regionali”.

PAROLE ED ESEMPI DI SCOLA E SEPE

Ma vescovi e ordini religiosi cercano nuove strade di fronte alla pressione migratoria che cresce. Di recente la diocesi di Milano ha messo a disposizione altri sei immobili per oltre 130 posti e l’arcivescovo, il cardinale Angelo Scola, ha chiesto a tutte le parrocchie del suo territorio di impegnarsi direttamente. Lo stesso sta facendo il vescovo di Brescia. Al Sud, a Petilia Policastro, una cittadina della provincia crotonese, anche con l’aiuto della diocesi, l’ex carcere è diventato casa accoglienza per migranti. La struttura dispone di 35 posti letto. A Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe ha convocato una riunione per la prossima settimana nel tentativo di trovare spazi disponibili. Insomma, la macchina degli episcopati comincia a carburare.

LA MAPPA ITALIANA

E poi ci sono gli ordini, che da qualche mese a questa parte hanno messo a disposizione i loro conventi. È il caso dei guanelliani a Como, Lecco, Nuova Olonio e a Sormano, dei francescani ad Enna, Roma e Piglio, i comboniani a Brescia, dei pavoniani a Maggio di Valsassina, gli scalabriniani a Roma e Foggia, delle suore Mercedarie a Valverde di Scicli. Ed ancora:  le Figlie di Santa Maria della Provvidenza Lora (Como) ed Ardenno (Sondrio), le Orsoline a Caserta, le suore della Provvidenza a Gorizia, i salesiani e le suore di San Giuseppe di Chambery. La mappa dell’accoglienza vede spiccare la Lombardia, il Lazio e la Sicilia, ma ogni giorno si aggiungono nuove esperienze.

COSA SUCCEDE FUORI DALL’ITALIA

Fuori Italia invece, l’appello del Papa riguarda infatti tutta Europa, è ancora cauta la Chiesa ungherese. Il primate, il cardinale Peter Erdo, ha detto di non potere “purtroppo, perché potrebbe essere qualificato illegale, come traffico di esseri umani”. Erdo finora è stato molto vago nei confronti delle politiche anti immigrati del governo del suo paese e sembra guardare all’opinione pubblica ungherese, che, uscita da 25 anni fa dallo spettro del comunismo, teme di perdere il benessere conquistato. Forse basterebbe ricordare al governo di Budapest che l’Ungheria è il terzo Stato in UE ad aver beneficiato maggiormente dei fondi europei se confrontati con i contributi versati.


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