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Cosa fa la Caritas per migranti e poveri (anche italiani)

Hai voglia Salvini, e qualche parroco del Nord come don Angelo Chizzolini di Onzo, a dire prima degli immigrati assistiamo gli italiani bisognosi. Nei fatti, la Chiesa italiana non risparmia certo in aiuti nei confronti dei nostri concittadini che sono stati colpiti dalla crisi. Nel primo semestre del 2014, si sono rivolte ai Centri d’ascolto della Caritas 45.819 persone, e di queste il 46,5% erano italiane. Nostre fonti della Caritas romana affermano che tale percentuale è presumibilmente cresciuta nell’ultimo semestre dello scorso anno, soprattutto nelle grandi città.

ITALIANI ASSISTITI SOPRATTUTTO AL SUD

Dunque nessuna priorità agli stranieri nell’assistenza, anche se a loro è rivolta una parte non indifferente delle politiche d’aiuto della Chiesa. Gli italiani sono la stragrande maggioranza di chi va nel Centri d’ascolto al Sud (il 72,5%), mentre rappresentano poco più di un terzo al Nord. Forse anche da questo è viziata la visione di Salvini. Soprattutto nel Mezzogiorno ha influito la crisi di alcuni settori tradizionali come il commercio o il piccolo artigianato che appunto ha visto colpire più duramente i nostri connazionali.

ALLA CARITAS SOPRATTUTTO SPOSATI E CON LA LICENZA ELEMENTARE

Con uno sguardo generale, quale  è l’identikit di chi, al di là della cittadinanza, si rivolge alla Caritas? Prima di tutto coniugati (50,1%), mentre quasi un 16% sono separati/divorziati, e un quarto sono celibi o nubili. Persone che per il 40% hanno solo la licenza media inferiore, dunque con scorse capacità professionale e di riqualificazione, ma non manca un 3,6% di laureati. Si tratta in primo luogo di disoccupati che appunto fanno fatica a trovare un nuovo lavoro (59,2%), a cui si aggiunge un 14,7% di occupati che però evidentemente devono ricorrere alla Caritas per integrare il loro, scarso, reddito.

ITALIANI MENO GIOVANI E FANNO FATICA AD ARRIVARE A FINE MESE

Gli italiani su caratterizzano per aspetti particolari. Rispetto agli stranieri sono meno giovani e in media hanno un’età compresa tra i 55 e i 65 anni. Si tratta prima di tutto separati, celibi o vedovi, e quasi l’80% ha solo una licenza media mentre gli immigrati possono vantare un’istruzione superiore. La povertà economica, ovvero l’incapacità di arrivare a fine mese, è il motore principale che spinge i nostri connazionali a rivolgersi alla Chiesa e alle sue organizzazioni caritative. Dunque, quello che ricevono queste persone sono prima di tutto (54,5%) “beni e servizi” materiali, mentre l’alloggio interessa solo il 2,6% di questa fascia di popolazione.

POVERTA’ UNA VERA EMERGENZA IN ITALIA

Certo, in Italia siamo ben lontani dall’obiettivo di garantire un reddito dignitoso a la stragrande maggioranza della popolazione. Secondo l’Istat, Nel 2014, 1 milione e 470 mila famiglie (il 5,7% di quelle residenti) era in condizione di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni e 102 mila persone (6,8% della popolazione residente). La povertà assoluta risultava sostanzialmente stabile anche sul territorio, si attesta al 4,2% al Nord, al 4,8% al Centro e all’8,6% nel Mezzogiorno. La soluzione per molti sarebbe un reddito di cittadinanza o reddito minimo, una soluzione che però rischia di costare non meno di 7 miliardi.


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