Skip to main content

Migranti, profughi e il kebabbaro investigatore. Il libro di Cristina Giudici

“Bene e male, peccato e innocenza, attraversano il mondo tenendosi per mano”. Tornano attuali le parole di Oscar Wilde se pensiamo all’emergenza umanitaria in corso. Disperato è chi affida al timoniere di un barcone le sue speranze, perfido è chi gioca con la vita altrui. Ma non sta forse mettendo in gioco anche la sua? Perché? E a quale prezzo? Insomma, a separare le due sfere, quella del bene e quella del male appunto, è un confine labile, labilissimo, che spesso diventa impercettibile, rendendo così molto difficile la scissione netta e perfettibile.

Scorrendo le pagine di “Mare Monstrum, Mare Nostrum” (Utet, euro 14.90) di Cristina Giudici ciò che si impone all’attenzione del lettore è la controversa umanità, insita nella perversa natura dell’uomo. “Il valore aggiunto di questa storia – spiega l’autrice – è che va oltre le immagini degli sbarchi che vediamo tutti i giorni. Mi sono chiesta infatti che cosa succede una volta che i migranti arrivano sulla terra ferma, chi li accoglie, come si muovono, che cosa fanno”.

RACCONTARE LE STORIE DEL MARE

Nel racconto della giornalista si scontrano i buoni – la stragrande maggioranza di chi arriva nel nostro Paese con la bisaccia ricca di desideri e alla ricerca di un nuovo posto al sole – e i cattivi, i Caronte del Ventunesimo secolo, traghettatori (meglio noti come scafisti) e loro stessi ignavi. Ma buoni sono anche quelli convivono con l’emergenza umanitaria, la Guardia Costiera, la polizia, gli interpreti. I protagonisti del volume della Giudici sono proprio questi ultimi, i buoni in divisa.

I PROTAGONISTI: CARLO E AZIZ

Nel suo viaggio infatti Cristina ha incontrato Carlo Parini, sostituto commissario della Polizia di stato a capo del Gruppo Interforze di contrasto all’immigrazione clandestina (GICIC) e il suo inseparabile interprete marocchino Aziz (al secolo Abdelaziz Mouddih). “La prima volta che li ho visti ho pensato che fossero dei pazzi, non riuscivo a capire che cosa facessero e perché. Stando con loro in Sicilia ho capito che anche nelle più assurde emergenze la cosa che conta di più è la vita umana”.

Infatti, nonostante l’inevitabile e acquisita dimestichezza con profughi, migranti e clandestini, Carlo e Aziz non si sono abituati alla morte crudele, unica destinazione di certe turbolenti traversate. “Fare il poliziotto non vuol dire solo arrestare i delinquenti, spesso vuol dire mettere in gioco al cento per cento la propria umanità” ne è convinto Parini che da anni vive le sue giornate all’insegna dell’imprevisto e che, per fortuna, non si è fatto fagocitare dall’abitudine. “Il nostro lavoro non si ferma mai, frequentiamo i quartieri, studiamo i legami di parentela” ha proseguito e poi ha tuonato: “Il valore di un poliziotto non si misura sul numero degli arresti effettuati, credo che sia importante riuscire ad avere la lucidità per riconoscere le vittime e i carnefici”. Con i minorenni per esempio Parini cerca di essere più indulgente – nei limiti della legge, è ovvio – “perché hanno tutta la vita davanti e meritano una seconda possibilità”.

LA STORIA DI AZIZ

Non è totalmente d’accordo “il kebabbaro investigatore” Aziz che è un po’ meno garantista del commissario. “Ho vissuto sulla mia pelle il racket degli alloggi e la speculazione sulla disperazione umana, per quello mi arrabbio e voglio arrestare quei cornuti” ha detto. Alla sua storia la Giudici dedica un intero capitolo e grazie ai suoi spunti, Cristina riesce a farsi raccontare dal burbero commissario una serie di aneddoti interessanti che riguardano la loro attività investigativa. Parini è infatti la memoria storica del gruppo e coordina “una squadra di uomini meravigliosi che si preoccupano di ridare un’identità (e spesso anche una dignità, ndr) a chi sbarca sulle nostre coste, morti o vivi che siano” ha spiegato la giornalista.

Ha concluso infine Parini: “A prescindere da tutto, quello che più ci sta a cuore è la sicurezza del popolo italiano, lavoriamo ogni minuto per assicurarci che nessun terrorista varchi il confine di casa nostra”. Umano, ma non incosciente.


CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter