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Digital tax, è satanico far pagare le tasse al digitale?

“Il virtuale non passa dalle dogane” (ma le tasse sono “analogiche”).

Imporre tributi e tasse è molto meglio che fare preda di tutto quello che si trova sulla propria strada.

Lo capirono nell’antichità, ma sembra che questo concetto essenziale (ed utilitaristico) sfugga ancora.

Mi riferisco alla Digital tax e alle posizioni di coloro che sostengono che, siccome il virtuale non passa le dogane, tassare il digitale sarebbe “satanico”.

Non si può mettere in dubbio il grado di difficoltà di tale questione, ma non si può neanche pensare di rinunciarvi a priori.

Soprattutto se, come scrive “Il Sole 24 Ore” di domenica 20 settembre, i “colossi del digitale” pagano tasse in Italia di importo minimo rispetto alle attività che, sempre in Italia, vengono sviluppati dagli stessi.

Il problema non è tanto quello di digitale sì digitale no, ma quello di avere un carico fiscale equo, ragionevole e ben distribuito per cittadini e imprese.

I “colossi del digitale” operano in un mercato e sono in concorrenza con altri soggetti economici, ad esempio, la filiera della carta e della grafica (alle quale appartengo) e quella radiotelevisiva, tutte operanti nei campi della comunicazione e della formazione.

È “satanico” far pagare le tasse al digitale, ma intanto occorre fare investimenti per ridurre il “gap” in questo ambito.

Non è che chi si oppone alla “digital tax” sta tagliando il ramo sul quale è seduto?
Non sarebbe meglio discutere su quale misure per promuovere (a tutto tondo) cultura, formazione e informazione?

Dopo due domande un po’ retoriche, vorrei evidenziare la necessità però anche di un po’ di coerenza.

A gran voce è stato richiesto di estendere l’IVA al 4% dei libri stampati a quelli digitali.
Il governo l’ha fatto, nonostante un quadro normativo non favorevole a questo tipo di misure e alla sentenza della Corte di Giustizia europea che hanno condannato Francia e Lussemburgo (che avevano già fatto la stessa cosa) in quanto il libro stampato è un “supporto fisico”.

Insomma, il “digitale non passa le frontiere”, non è il “detestabile analogico”, ma quando conviene vuol essere parificato a quest’ultimo.

Come dargli torto? Le tasse sono “analogiche”.

Massimo Medugno, direttore Assocarta

(originale redatto a penna su carta)



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