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Saipem, ecco come Cassa depositi e prestiti entrerà (forse) nel capitale

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class, pubblichiamo un estratto di un articolo di Mf/Milano Finanza uscito sul quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Si torna a parlare della possibilità di un coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti nella potenziale ricapitalizzazione della società. Fonti di stampa del fine settimana hanno infatti indicato un possibile aumento di capitale da 3-3,5 miliardi di euro, come ipotizzato di recente da Mediobanca Securities, in parte sottoscritto dalla Cdp.

Quest’operazione, che dovrebbe essere coordinata da Goldman Sachs, porterebbe a una presenza congiunta di Eni e della Cdp nell’azionariato Saipem. Il piano è quello di annunciare il progetto entro la fine del mese di ottobre con il lancio del nuovo piano strategico che dovrebbe essere presentato nel terzo trimestre.

OBIETTIVO: DECONSOLIDARE IL DEBITO

Tutti gli analisti sono ormai concordi nel ritenere che il deconsolidamento di Saipem sia diventato cruciale per Eni, con i prezzi del petrolio nuovamente sotto i 50 dollari al barile. Anche se alcuni ritengono che lo scenario più realistico per Saipem sia un aumento di capitale di minor entità (1,5-2,5 miliardi di euro), non sottoscritto da Eni che così diluirebbe la sua quota sotto il 30% dall’attuale 43%.

LE IPOTESI ALLO STUDIO

In questo scenario, la potenziale partecipazione della Cdp, di un partner industriale o di un fondo sovrano in grado di garantire una quota rilevante dell’offerta sarebbe importante ai fini del successo dell’operazione. “Come abbiamo sottolineato più volte, riteniamo che la probabilità di un deconsolidamento del debito di Saipem da parte di Eni prima della fine dell’anno sia bassa senza un intervento dello Stato italiano”, commentano in una nota gli analisti di Kepler Cheuvreux.

IL RUOLO DI FSI DELLA CASSA

Inoltre, “continuiamo a pensare che uno scenario che implica sia il coinvolgimento del Fondo strategico italiano o della Cdp, probabilmente seguito da un capitale di capitale da 1-1,5 miliardi di euro, sia la soluzione migliore per tutte le parti coinvolte, in quanto consentirebbe a Eni di deconsolidare il debito, darebbe a Saipem una certa flessibilità finanziaria, porterebbe un azionista forte in grado di attuare il programma di ristrutturazione del gruppo e avrebbe un impatto limitato sugli azionisti”, spiegano gli analisti di Kepler Cheuvreux.

I NUMERI POTENZIALI DELL’AUMENTO DI CAPITALE

Anche per gli analisti di Equita l’ipotesi di una presenza congiunta nell’azionariato rappresenta la soluzione migliore tra quelle ipotizzate, evitando l’overhang (eccesso di carta sul mercato), consentendo un’uscita più graduale di Eni da Saipem e il deconsolidamento del debito. “Tuttavia l’aumento di capitale ipotizzato è superiore rispetto alle nostre attese: 3-3,5 miliardi di euro o 0,85-1 volte l’attuale capitalizzaizone di mercato rispetto alla nostra ipotesi di 2 miliardi”, precisano gli analisti della sim. Ipotizzando 3-3,5 miliardi di aumento di capitale, il multiplo prezzo/utile 2017 passerebbe a 15-16 volte rispetto alle 13,8 ipotizzando 2 miliardi. Il settore sta trattando attualmente a un p/e 2017 di 10-11 volte.

IL REPORT DI AKROS

E’ chiaro quindi che il modo in cui la Cdp entrerà nel capitale di Saipem farà la differenza in termini di reazione del mercato azionario. Due gli scenari prospettati dagli analisti di Banca Akros: quello migliore prevede la vendita di una quota di Saipem alla Cdp per consentire l’uscita dall’area del perimetro di consolidamento mentre il finanziamento continuerà a essere fornito da Eni. In questo caso la valutazione non deve riflettere lo sconto attualmente nel prezzo del titolo Saipem a causa del deficit di capitale della società. Lo stesso impatto potrebbe essere ottenuto attraverso un aumento di capitale di medie dimensioni riservato a Cdp.

LA TEMPISTICA

Mentre nello scenario base la Cassa depositi e prestiti entra nel capitale attraverso l’acquisizione dei diritti subito prima del lancio di un consistente aumento di capitale aperto al mercato. “I tempi di una consistente iniezione di capitale dipenderanno dalle condizioni del mercato considerando che Eni, mentre è intenzionata a escludere dal suo perimetro di consolidamento Saipem , non dovrebbe ritirare il suo sostegno finanziario che copre il 100% del debito di Saipem su cui confermiamo il nostro rating negativo: sell con un target price a 7,10 euro”, concludono gli analisti di Banca Akros, mentre Kepler Cheuvreux ha ribadito la raccomandazione hold con un prezzo obiettivo a 7,40 euro, lo stesso giudizio di Equita (target price a 8,3 euro).

D’altra parte, anche se Saipem ha recentemente registrato un flusso di notizie molto positivo in termini di assunzione di ordini nelle ultime settimane, “pensiamo che sia ancora troppo presto per investire in questa azione perché questo investimento comporta ancora molte incertezze: ricavi ancora sospesi, contratti legacy, posizione debitoria, possibile aumento di capitale, nuovo piano strategico e accuse di corruzione in Algeria e in Brasile. Infine, la valutazione sembra costosa rispetto a quella dei competitor visto che Saipem scambia a 7,3 volte l’enterprise value/ebitda 2016 quando la rivale Technip è scambiato a 4,1 volte”, osservano gli analisti di Kepler Cheuvreux.

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