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Ecco come l’Aiib farà concorrenza alla Banca mondiale

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La nuova banca di sviluppo internazionale sponsorizzata dalla Cina, l‘Aiib, affina le sue armi. Se da un lato ha chiarito la propria struttura organizzativa, con un ruolo di Pechino importante ma meno schiacciante di quanto previsto due anni fa, e garantito che finanzierà progetti economicamente “solidi”, dall’altro non imporrà le severe condizioni richieste dalla Banca mondiale di matrice americana. Pechino è pronta a cambiare le regole non scritte della finanza occidentale.

MERCATO LIBERO: NON SARA’ UN REQUISITO

C’è un elemento fondamentale in cui l’Aiib (Asian Infrastructure Investment Bank) farà sentire la sua differenza rispetto alla Banca mondiale: non chiederà, in cambio dei suoi finanziamenti, di privatizzare o deregolare settori economici. L’Aiib ha promesso di accettare solo progetti legittimi e trasparenti e che offrono garanzie in fatto di protezione dei lavoratori, delle comunità e dell’ambiente, ma eviterà di insistere sulle politiche economiche raccomandate dalla Banca mondiale.

“La privatizzazione non sarà una condizione per l’erogazione dei prestiti ai paesi che ne fanno richiesta”, ha svelato una fonte di Reuters. “E nemmeno la deregulation. L’Aiib si adatterà alle condizioni locali, non costringerà gli altri a fare questo e quello, imponendo condizioni dall’esterno”.

Non insistere sui temi del libero mercato darebbe all’Aiib più libertà di azione nel gestire i progetti, spiegano le fonti dell’agenzia di stampa. Per esempio, le banche di sviluppo che finanziano un impianto per il trattamento dell’acqua potrebbero chiedere che il prezzo dell’acqua trattata sia aumentato per recuperare i costi, anche se le condizioni dell’economia locale non lo permettono. Ma l’Aiib potrebbe evitare di chiedere l’aumento del prezzo e fondarsi su altre fonti di finanziamento per ripagarsi, come gli aiuti dei governi.

Su questi elementi si potrebbe giocare il successo dell’Aiib e il conseguente trionfo diplomatico della Cina che si oppone all’ordine finanziario globale “dominato dagli Stati Uniti in cui i paesi in via di sviluppo sono poco rappresentati”, notano gli analisti. Per Susan Engel, professoressa dell’australiana University of Wollongong, la rigidità della Banca mondiale nel propugnare le idee del libero mercato a ogni costo è come “una religione. Vuole il coinvolgimento del privato anche in settori dove questo coinvolgimento si è dimostrato nocivo”.

SISTEMI DI VALUTAZIONE E STAFF “SNELLI”

L’Aiib userà anche sistemi più “semplici” di analisi e valutazione del rischio per i progetti da finanziare, allo scopo di ridurre la burocrazia e i costi. Come risultato, un progetto proposto all’Aiib non resterebbe in attesa per mesi per dare tempo alle parti di svolgere la due diligence – la pratica sarebbe più spedita. Inoltre l’Aiib avrà poche sedi fisiche e uno staff “snello”, tra le 500 e le 600 persone, circa un sesto rispetto all’Asian Development Bank (Adb) e il 5% rispetto alla Banca mondiale.

NIENTE PROFITTO, SOLO BREAK EVEN

L’Aiib parte con un capitale di 100 miliardi di dollari. Il suo approccio iniziale si manterrà cauto: saranno finanziati solo progetti commercialmente solidi, lavorando sulle partnership pubblico-private se possibile, e imponendo tassi di interesse in linea col mercato.

“Jin l’ha presentata come una banca che deve almeno raggiungere il break even”, dice una fonte di Reuters riferendosi a Jin Liqun, ex vice ministro delle Finanze cinese e primo presidente dell’Aiib.

Molti si sono chiesti come potrà sostenersi una banca che punta sullo sviluppo delle infrastrutture, che hanno lunghi cicli di finanziamento, tassi di interesse bassi, grande rischio di sprechi e corruzione. Secondo gli analisti cinesi, la Aiib sarebbe non un ente assistenziale né una classica banca commerciale, ma una “quasi-commercial bank” che deve generare qualche ritorno, almeno per far quadrare i conti. In un secondo tempo, l’Aiib potrebbe offrire prestiti a tasso agevolato e andare oltre il finanziamento di progetti infrastrutturali per allargarsi a progetti nella sanità e nell’istruzione. Potrebbe anche ampliare la sua attività finanziando opere in Africa: qui diversi paesi hanno chiesto all’Aiib di lavorare nella loro regione.

QUANTO PESO ALLA CINA

In base allo statuto dell’Aiib, il 75% del capitale arriva dall’Asia. Ciò garantisce alla Cina il ruolo di principale azionista. Tuttavia l’influenza dei grandi shareholder è contenuta perché il 15% dei diritti di voto sono assegnati in quote uguali ai membri fondatori indipendentemente da quanto denaro hanno messo. La Cina ha ridimensionato il proprio ruolo rispetto al progetto originario per l’Aiib preparato due anni fa, abbassando il suo apporto di capitale dal 50% al 30%. Questo le conferisce il 26% dei voti, una quota non schiacciante pur se quasi due volte più alta di quella che hanno gli Stati Uniti nella Banca mondiale con sede a Washington. Il voting share di Pechino le dà anche potere di veto, perché nell’Aiib le decisioni più importanti dovranno ottenere il 75% dei voti per essere approvate.

Come chiarisce Yun Sun, fellow dell’East Asia Program presso l’Henry L. Stimson Center, non è detto che la Cina faccia ampio uso del veto. Inoltre la maggioranza del 75% è necessaria per questioni straordinarie come la nomina del Cda e del presidente e il consenso sulle politiche operative, ma non per quelle ordinarie come l’ingresso di nuovi membri e l’approvazione dei prestiti.

Il controllo della Cina resta, ma è chiaro che Pechino ha cercato di forgiare il suo istituto il più possibile come una banca di sviluppo multilaterale, in cambio del sostegno internazionale.

“La banca non sarà esente dall’influenza della Cina e i suoi privilegi peseranno, ma lo scrutinio e le pressioni internazionali uniti alla preoccupazione di Pechino di costruirsi una reputazione credibile” riporteranno equilibrio, scrive la Sun. “Occorrerà vedere in futuro quanto la Cina userà l’Aiib per spingere i propri interessi nazionali e economici”; tuttavia uno degli obiettivi più controversi dell’Aiib menzionati nel suo programma originario – promuovere le esportazioni cinesi per assorbire la capacità in eccesso – sembra essere scomparso.

AIIB OPERATIVA ENTRO FINE ANNO

L’Aiib è stata ufficialmente presentata a fine giugno dal presidente Xi Jinping con una cerimonia cui hanno partecipato i 57 paesi candidatisi come membri fondatori. Tra questi anche l’Italia e tanti alleati americani, dal Regno Unito all’Australia, che ha addirittura giocato la parte principale nella pomposa inaugurazione alla Grande Sala del Popolo a Pechino.

“Lo scopo della creazione dell’Aiib è principalmente quello di soddisfare la domanda di sviluppo di infrastrutture in Asia e anche di realizzare il desiderio di tutti i paesi di rafforzare la loro cooperazione”, ha detto Xi. “La Cina si riveste di sempre maggiore responsabilità sul piano internazionale per lo sviluppo delle economie asiatiche e globali”, ha aggiunto Lou Jiwei, ministro delle Finanze cinese.

Obiettivo dell’Aiib è diventare operativa entro la fine dell’anno. A questo scopo ha già assunto un team di ex banchieri dell’Adb e della Banca mondiale e sta stilando il suo manuale operativo che ricalca in parte quelli delle stesse Adb e World Bank.

LO SCETTICISMO DI MANILA

Non tutti i candidati a entrare come membri nell’Aiib hanno però firmato alla cerimonia di giugno. Dei 57 paesi presenti, sette si sono riservati di aspettare ancora, probabilmente fino a dicembre. Tra questi, ci sono Malesia, Tailandia e le Filippine (tutti e tre membri dell’Asean, Association of Southeast Asian Nations). In particolare Manila, pur interessata alla banca di sviluppo cinese, si è mostrata sospettosa sulle reali intenzioni cinesi e ha fatto sapere che vuole essere perfettamente sicura che l’Aiib sia veramente “inclusiva” e “complementare, non competitiva” rispetto a Adb e Banca mondiale. Manila ha espresso dubbi che la nuova banca sarà “veramente multilaterale”. Le Filippine avevano inoltre chiesto di portare la sede dell’Aiib a Jakarta, segno della natura “internazionale” della banca, ma la Cina ha voluto tenerla a Pechino.

Lo scetticismo di Manila ha profonde radici: le Filippine e la Cina hanno in corso un’aspra disputa territoriale nel Mar della Cina meridionale; inoltre Stati Uniti e Giappone (che è rimasta fuori dall’Aiib) sono i due principali alleati delle Filippine.  

MENO BUROCRAZIA PER TUTTI

Tuttavia le banche di sviluppo in cui Giappone e Usa pesano di più hanno assicurato che non esiste nessuna rivalità con l’Aiib, ma anzi desiderio di collaborare.

“Le necessità di investimento in infrastrutture nei paesi in via di sviluppo sono troppo grandi per essere affidate a un solo istituto”, ha dichiarato il presidente della Banca mondiale Jim Yong Kim. “Consideriamo l’Aiib come un nuovo partner importante”. “Diamo il benvenuto all’Aiib; ci impegniamo a lavorare con loro per soddisfare le ingenti necessità infrastrutturali in Asia mettendo a disposizione la nostra lunga esperienza”, ha aggiunto il presidente dell’Adb Takehiko Nakao.

Ma secondo alcune fonti, i due istituti si sentiranno stimolati a rivedere il loro modo di fare, aprendosi di più al rischio e tagliando la burocrazia. Lo sottolinea anche David Dollar, ex direttore della Banca mondiale in Cina che ha lavorato come consulente di Pechino per l’Aiib: “Sarà un vantaggio per chi domanderà un prestito”.

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