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Ecco come e quanto la Cina si sta svenando per il cambio

Le autorità cinesi hanno fatto nel week end un sincero sforzo per rassicurare sulla tenuta del ciclo e dei loro mercati finanziari.

Il ministro delle Finanze cinese Lou Jiwei ha dichiarato che la spesa pubblica crescerà del 10% nel 2015 (vs un 7% previsto a inizio anno) con copertura da aumento dei dividendi di alcune aziende statali, mentre il Governatore della People Bank of China ha sostenuto, in uno Statement comparso sul sito ufficiale PBOC, che lo yuan si sta stabilizzando e che la correzione dell’azionario locale è vicina al termine.

Oltre a ciò, la National Development and Reform Commission ha dichiarato che il consumo di corrente elettrica e i dati sul trasporto di merci via ferrovia hanno mostrato miglioramento ad agosto, e dimostrano che l’economia si sta stabilizzando. La Commissione ha aggiunto che l’economia dovrebbe mantenere una crescita stabile, e che il target ufficiale è raggiungibile.

Peraltro, il -2.5% di Shanghai, alla riapertura dopo 2 sedute di stop la dice lunga sui danni fatti al carisma delle autorità cinesi dagli ultimi eventi. In altri tempi un newsflow del genere sarebbe stato salutato da un bel rally, e invece oggi diverse fonti esprimono dubbi che possano mantenere i loro propositi, nonostante il fatto che scommettere contro le autorità cinesi abbia pagato raramente negli ultimi anni.

Non a caso, nel comunicato di chiusura del G-20, nella parte relativa ai cambi, è stato aggiunto un paragrafo in cui ci si impegna a calibrare bene e comunicare chiaramente le proprie azioni, specialmente nel contesto di rilevanti decisioni di politica monetaria, per minimizzare le conseguenze negative, ridurre l’incertezza e promuovere la trasparenza (sic). Un velato rimbrotto a Pechino, per la maldestra gestione della mini svalutazione, che ha avviato la slavina delle divise emergenti di cui ancora non si vede la fine.

Detto ciò, parte della pesantezza dell’azionario cinese può anche dipendere dall’attesa per la pubblicazione delle riserve valutarie prevista per metà mattinata europea. L’atteggiamento verso questo dato è chiaramente dimostrativo del problema di credibilità che affligge la Cina: il consenso ufficiale era per un calo di 70 bln $, quello effettivo per un calo assai superiore, mentre dati significativamente inferiori al consenso avrebbero alimentato sospetti di manipolazione.

Il dato (3.56 trilioni di dollari di riserve valutarie) ha mostrato una discesa ad agosto di 94 miliardi, maggiore del consenso ufficiale ma eventualmente inferiore a quello ufficioso che la posizionava sopra i 100 bln. Da punto di vista dei mercati, un pari e patta, nel senso che il dispendio di risorse a sostegno del cambio è grosso ma non tale da dilapidare in tempi brevi le riserve (in un paese con un avanzo commerciale ancora così forte).


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