La produzione industriale è aumentata più del previsto a luglio, di +1,1% m/m, recuperando interamente il calo di -1% m/m registrato a giugno (rivisto al rialzo di un decimo da -1,1% della prima stima). Il dato è risultato superiore sia alle attese di consenso che alla nostra previsione (+0,8% m/m). È l’incremento mensile più consistente da più di un anno. La variazione annua (corretta per gli effetti di calendario) è tornata anch’essa in positivo a +2,7%, dopo il momentaneo passaggio in territorio negativo a giugno (-0,3%).
CHI TRAINA LA RIPARTENZA
Nel mese il rimbalzo è trainato, non sorprendentemente, dall’energia (+7,1% m/m), viste le temperature decisamente superiori alla media registrate nel mese. Da notare anche il balzo dei beni di consumo durevoli (+5,7% m/m): anche in questo caso non è una sorpresa, visto che si tratta della componente che ha trainato la ripresa dei consumi nel trimestre primaverile (+3,3% t/t contro il +0,4% del totale dei consumi di contabilità nazionale), trattandosi della parte di spesa delle famiglie che beneficia maggiormente del basso livello dei tassi di interesse; evidentemente le imprese stanno aggiustando la produzione ai maggiori livelli di domanda. In ogni caso, l’incremento della produzione industriale a luglio è diffuso a tutti i raggruppamenti principali di industrie, compresi i beni intermedi (+0,6% m/m) e i beni strumentali e di consumo non durevoli (entrambi +0,3% m/m).
IL CONFRONTO FRA SETTORI
Anche lo spaccato per settore di attività economica è in deciso miglioramento: dei 13 settori manifatturieri, ben 10 risultano in progresso su base annua (erano scesi a 6 il mese precedente). I comparti più brillanti si confermano i mezzi di trasporto (+20,1% a/a, +3,3% m/m; da notare il +44,9% a/a delle auto) e i prodotti petroliferi raffinati (+11,7% a/a); anche il comparto cruciale della meccanica è in progresso, sia pur modesto, in termini tendenziali (+1,4% a/a). Viceversa, rimangono in rosso il settore metallurgico (-2,4% a/a), le apparecchiature elettriche (-0,8% a/a) e la chimica (-0,7% a/a). Al di fuori del manifatturiero, resta depressa l’attività estrattiva (-5% a/a), mentre è in decisa ripresa come detto la fornitura di energia (+12% a/a).
LA BUONA NOTIZIA
In sintesi, il dato sulla produzione industriale di luglio è incoraggiante e conferma quanto scrivevamo il mese scorso e cioè che il calo di giugno era dovuto quasi interamente al ponte festivo di inizio mese. La buona notizia è che il 3° trimestre inizia con una nota positiva: la “crescita acquisita” per l’output industriale nel trimestre in corso è pari a 0,7% t/t (ipotizzando una stabilità ad agosto e settembre). Ciò significa una accelerazione modesta ma costante rispetto ai trimestri precedenti, visto che la produzione era aumentata di 0,3% t/t nel 4° trimestre 2014 e di 0,5% t/t in ciascuno dei primi due trimestri del 2015.
LE PREVISIONI
I dati relativi al bimestre agosto-settembre potranno risultare volatili, come accade solitamente nei mesi estivi. Ci aspettiamo una flessione su base congiunturale ad agosto (anche per effetto della correzione dalla componente energia), seguita da un rimbalzo a settembre.
LE CONDIZIONI FAVOREVOLI
In ogni caso, al netto della volatilità su base mensile, il dato conferma che la spinta positiva dai “venti favorevoli” che hanno creato le condizioni per il ritorno alla crescita (shock da petrolio, cambio e QE) non si è esaurita e che i “venti contrari” in arrivo sempre dall’estero non hanno, almeno per il momento, una forza tale da far deragliare la ripresa. In particolare, stiamo assistendo non a una flessione ma ad una ricomposizione della domanda dall’estero, in quanto il rallentamento in corso in diversi Paesi emergenti è più che compensato dalla maggiore domanda dalle economie avanzate, in particolare da Stati Uniti e alcuni Paesi europei specie al di fuori dell’Eurozona: l’export verso la Cina e quello verso il Brasile valgono rispettivamente il 2,5% e l’1% dell’export totale, contro quasi il 9% verso gli Stati Uniti, il 5% circa verso Regno Unito e Spagna (ciascuno) e il 10% verso l’Europa Orientale (Russia esclusa, che conta a sua volta per l’1,5% dell’export).